— The Hades Chapter: Interlude (Capitolo 13: Convergenza fatale) —


Aquarius contemplò indeciso il contenuto dell'armadio, passando in rassegna tutti gli abiti di lusso che c'erano al suo interno. Vesti ornate di ricami in oro, giacche di seta, maglioni dalle trame intricate e pantaloni in tessuti pregiati stanziavano accatastati metodicamente l'uno sull'altro, in un ordine impeccabile.
"Maestro..." alle sue spalle, Abadir sedeva composto sul letto. Surt camminava avanti e indietro nella stanza, con passo agitato.
Aquarius si voltò: "Sì, scusa... quando sono sconvolto tendo a pensare ad altro."
"Lo so bene." Abadir sorrise. Era un sorriso pacato e maturo, che gli tendeva i lineamenti ora virili. Non aveva niente a che vedere con il ragazzo che aveva lasciato in Siberia l'ultima volta, prima che questo perdesse la vita a causa di circostanze fatali. Ora aveva un corpo massiccio, segni e cicatrici sulla pelle, la voce matura e un aspetto più solenne.
Quando s'era presentato sulla soglia della camera, Aquarius aveva creduto di esser completamente uscito di senno. Prima che potesse dire qualcosa, però, il ragazzo s'era gettato tra le sue braccia, facendolo indietreggiare contro il letto. Era una stretta sicura, vigorosa. Aveva ancora lo stesso odore di un tempo, lo stesso modo di fare inconsapevolmente brusco.
Aquarius l'aveva lasciato fare senza ricambiare. Solo mentre Abadir stava per allontanarsi lo aveva fermato, mettendogli le mani sulle spalle e tastando la sua consistenza.
/Vivo/. L'allievo che da anni credeva morto era lì, in carne ed ossa.
Surt aveva sorriso dolcemente a quella scena, come un padre apprensivo che si compiace della felicità di un figlio.
Il motivo era presto divenuto chiaro.
"Hai detto che, dopo esser stato resuscitato dal Signore dei Mari, ti sei battuto contro Crystal."
Aquarius cercò di sembrare neutro mentre pronunciava il nome del ragazzo, ma non riuscì ugualmente a celare un vago tremore nella voce. Abadir non sembrò accorgersene.
"E che, successivamente, sei stato sconfitto e relegato alle profondità marine fino a che Surt non ha rinvenuto il tuo corpo."
Questo era ciò che fino a quel momento gli avevano raccontato. Aquarius faticava a credere Crystal responsabile per ben due volte dell'assassinio della stessa persona e perciò non riusciva a fargliene una colpa.
"Esattamente." s'intromise Surt, smettendo di camminare. Aveva le braccia incrociate sul petto e un'espressione corrucciata.
"E' successo l'anno scorso, pressappoco. Sir Andreas non era ancora sacerdote di Odino, ma aveva già la sua influenza su Asgard e un ruolo di rilievo nelle sue cerimonie. Hilda l'aveva incaricato di recarsi nel regno di Nettuno perché il nostro Dio temeva una sua possibile resurrezione e lui ha deciso di portarmi con sé."
"Lì mi ha trovato tra le macerie, ancora vivo." lo interruppe Abadir.
"Non so quanto tempo abbia trascorso nella più completa solitudine, cercando di farmi udire da qualcuno, di farmi notare..."
"Era ferito, denutrito e ridotto in gravi condizioni." Surt lo guardò e il ragazzo ricambiò lo sguardo, con sincera gratitudine. Aquarius si mosse da un piede all'altro, a disagio.
"Dunque Abadir è diventato tuo protetto." suppose.
Abadir si voltò verso di lui: "In un certo senso sì. Non sono un God Warrior, ma ho lottato come Generale Marino e la mia forza ha un certo valore, qui. Di conseguenza combatto accanto a Surt per sdebitarmi e perché non ho alcun posto in cui tornare. Ora, maestro, siamo compagni..."
Quella parola sortì su Aquarius un effetto contrastante. In un certo senso lo colpì come uno schiaffo, rinfacciandogli la decisione che aveva preso, quella di schierarsi dalla parte dei God Warriors. Nell'altro quella sensazione di residua malinconia lo fece sentire meno solo, benché alienato da un senso di impotenza che non riusciva a spiegarsi. La sua nuova esistenza avrebbe dovuto rappresentare un dono, ma in quel momento era solo un fardello.
Surt sorrise: "E' incredibile come il destino abbia voluto riunirci tutti quanti al momento giusto."
"Esattamente" rispose Abadir, annuendo. "Maestro, vi credevo morto. Ora siete l'unico cimelio che ho del passato."
/L'unico cimelio?/ si chiese Aquarius, assottigliando lo sguardo.
"Un momento."
Surt inarcò le sopracciglia e Abadir piegò la testa di lato, con aria interrogativa. Era arrivata l'ora di domandarlo.
"Che ne è di Crystal?"
"Crystal?" il ragazzo lo fissò con un'espressione indecifrabile. Sembrava distaccato e risentito, come se quel semplice nome avesse potuto risvegliare in lui una serie di sentimenti rancorosi. Aquarius non lo biasimava, ma nemmeno lo giustificava. Come avrebbe potuto? Nel primo caso si era trattato di un incidente, nel secondo di un'eventualità impossibile da evitare.
Conosceva bene la sofferenza di chi doveva combattere il proprio compagno d'armi e di conseguenza provava tristezza per entrambe le sorti dei suoi allievi, che non s'erano mai voluti bene come avrebbero dovuto.
Ed era sempre stata colpa sua. Lui aveva implicato che non vi fossero sentimenti a contrastare l'addestramento, lui li aveva voluti impavidi e spietati, lui aveva condotto entrambi al loro triste disfacimento.
Surt si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.
"Le ultime notizie che ho dei Cavalieri di Bronzo risalgono al Muro del Pianto. Non è materia che ci concerne, dunque non ho approfondito le mie indagini."
"Mi sono interessato, Maestro. A discapito di ciò che potrebbe sembrare tengo ancora a Crystal e non ce l'ho con lui per la battaglia negli abissi. Lui ha fatto ciò che doveva fare, perciò mi prendo la responsabilità di tutti i guai che gli ho causato." aggiunse Abadir, come se volesse rassicurarlo. Aquarius gli rivolse uno sguardo distante: nessuno dei due aveva risposto esplicitamente alla sua domanda.
"Voglio sapere se è vivo."
"Questo non lo sappiamo."
"Vorrà dire che andrò a scoprirlo."
Girò sui tacchi e fece per raggiungere la porta, ma Surt gli sbarrò la strada:
"Cerca di calmarti, Camus. Se anche il tuo allievo fosse vivo, in questo momento, ti sarebbe nemico. Stargli lontano è l'unico modo per proteggere la sua incolumità, lo capisci? E' un'evenienza a cui ho già abituato anche Abadir. Ora voi siete votati a Odino. Non Nettuno, non Atena."
Quelle parole lo congelarono sul posto. Era stato incline a rinunciare a qualsiasi cosa rappresentasse la sua vita e fino a un attimo prima era così convinto della sua scelta da aver dimenticato l'unica persona in grado di scombussolare ogni suo piano. A riprova di ciò, il ricordo di Crystal aveva preso a insinuarsi nella sua mente come un'irrinunciabile bisogno primordiale.
Surt però aveva ragione. Quella nuova esistenza aveva per lui il valore di un soffio di vento. I capelli corti, le unghie private dello smalto, la vestaglia sciatta che indossava ne erano un'evidente dimostrazione: non aveva tempo per Crystal. Non si sarebbe perdonato di averlo messo in pericolo, né si sarebbe mai concesso di mostrarsi a lui nelle vesti di nemico: mai più, in tutta la sua vita.
Con un sospiro ritornò sui propri passi. Abadir s'era alzato in piedi e lo guardava con un'espressione triste.
Ne aveva passate tante, ed ora era di nuovo lì, di fronte a lui. L'anima di Aquarius fu immediatamente rosa dai sensi di colpa: perché diavolo non riusciva a esserne felice?
"Sono contento che tu stia bene." mormorò, accennando un sorriso. Il ragazzo ricambiò: "Anche io, Maestro. Non immaginate la mia gioia."
Surt rilassò la tensione sul volto. "Bene, adesso che abbiamo chiarito diverse questioni... Camus, ho bisogno di te."
Aquarius e Abadir si voltarono nello stesso istante.
"Bisogno? Adesso?"
"Dobbiamo fare una ricognizione veloce. Non ti chiedo di combattere, ma solo di accompagnarmi." rispose Surt, facendogli l'occhiolino. Abadir si affiancò a lui: "Vengo con voi."
"No, tu resti qui e prepari la cena."
"Stai scherzando?" il ragazzo inorridì, ma il più grande sembrava irremovibile.
Aquarius inarcò un sopracciglio: era così strano. Tutto, di quel bizzarro quadretto familiare, gli sembrava estremamente fuori luogo.
"Va bene, vengo con te." disse, interrompendo il gioco di sguardi aggressivi che si stava svolgendo tra i due. Surt si riebbe subito. Gli rivolse un sorriso e fece il segno dell'okay con il pollice sollevato. "Allora vado a prenderti l'armatura."
Dopo aver lanciato un'occhiata scettica ad Abadir si allontanò dalla stanza, scomparendo al di là della soglia. Il ragazzo lo guardò uscire con aria crucciata, poi scosse la testa e si rivolse a lui.
"Vi fate ancora servire come un tempo, Maestro?"
C'era un velo di ironia nella sua voce, che Aquarius ignorò volontariamente. "Perché, vuoi offrirti per aiutarmi a infilare l'Armatura?"
Abadir sorrise, in quel modo indecifrabile con cui celava ogni sentimento, malgrado l'espressione serena.
"Sarebbe un onore."




Camminavano nella neve da qualche minuto e già Aquarius aveva voglia di tornare a casa. Quel freddo pungente era insopportabile anche per lui, che s'era allenato tra i ghiacci della Siberia. C'era qualcosa, in Asgard, che stonava terribilmente. Per quanto Surt fosse devoto a Sir Andreas, lui non riusciva a vedere i benefici di cui l'uomo faceva sfoggio come un vanto. Stava davvero salvando la sua terra, o la stava facendo sprofondare ancora di più nell'implacabile gelo?
Decise che simili quesiti non l'avrebbero portato da nessuna parte. Inoltre, non gli importava più di tanto.
"Mi dispiace di averti trascinato fuori ancora convalescente." disse Surt, che avanzava un po' più avanti rispetto a lui. Aquarius allungò il passo.
"Non sono convalescente. Le mie condizioni fisiche erano dovute al mio risveglio inopportuno in un luogo ancora meno opportuno."
Surt ridacchiò.
"Testardo come al solito."
"So come mi sento." Aquarius oltrepassò l'uomo per camminare di fronte a lui. Schiacciati sotto all'elmo, i capelli gli solleticavano il collo: era una sensazione più gelida del freddo Asgardiano. Non si sarebbe abituato facilmente a quella novità.
Intorno a loro conifere e sempreverdi costeggiavano il sentiero innevato. Cespugli bassi e rinsecchiti punteggiavano di tanto in tanto la zona, dando colore a quel bianco immacolato. Anche strisce di terra si alternavano a striare la neve.
Il rumore provocato dagli stivali sul terreno ghiacciato era uno scricchiolio costante e fastidioso.
Aquarius si guardò intorno: "Non c'è un'anima viva."
"Camus." Surt ora gli era di nuovo accanto. L'armatura rosso vivo mandava bagliori dardeggianti, in risposta alla luce riflessa nella neve. Ormai si stava facendo buio, ma pallidi raggi residui di sole illuminavano ancora la foresta, forando le nubi grigie.
Il viso dell'uomo era rigido, con la mascella contratta evidenziata dall'elmo dell'armatura che gli ingabbiava parte del volto.
Aquarius gli lanciò un'occhiata interdetta.
"Cosa c'è?"
"E' bene che tu sappia a cosa stai andando incontro."
Surt scagliò un attacco verso di lui. Aquarius sbarrò gli occhi e si gettò di lato un attimo prima che potesse colpirlo in pieno. Il fuoco s'infranse su un albero alle sue spalle che s'incendiò di colpo, in uno spaventoso sfrigolio.
Il Cavaliere d'Oro sollevò la testa, furioso.
"Che diavolo fai?"
"Testo le tue abilità." rispose Surt, sorridendo mellifluo. Avanzò lentamente, fino a che non gli fu di fronte. La sua ombra si allungò sul corpo di Aquarius.
Quando tese la mano quest'ultimo si preparò a contrattaccare, ma Surt non accennò a colpire. Gli stava solo offrendo il suo aiuto per rialzarsi.
Aquarius non capiva. L'albero dietro di lui divampava, nonostante il freddo. La luce rosso-arancio era un gioco di chiaroscuri sulla sagoma dell'amico, che attendeva pazientemente la sua reazione.
/E' bene che tu sappia a cosa stai andando incontro/. A cosa stava andando incontro, esattamente?
Posò esitante la mano su quella di Surt, che soddisfatto lo aiutò a issarsi. Quando fu di nuovo in piedi, Aquarius evocò una minima quantità di Cosmo, per fronteggiare l'uomo in caso di nuovi attacchi.
"Dimmi, Camus... saresti disposto a batterti con me? A uccidermi?" chiese Surt. Ora stava guardando le lingue di fuoco che ardevano e s'innalzavano lungo il tronco bruciacchiato dell'abete. La luce saettava nelle sue iridi rosate come i lampi durante un temporale.
Il Cosmo crepitò nelle mani di Aquarius, indomabile. Lui strinse i pugni.
"No, Surt. Ho giurato sulla mia stessa vita che avrei protetto la tua, a ogni costo."
"Anche a discapito dell'avversario?" Surt si voltò a guardarlo. Il suo sguardo s'era assottigliato, le labbra erano serrate. Per qualche oscuro motivo, sembrava furioso. Aquarius aggrottò le sopracciglia.
"Che storia è questa? Parlami chiaramente, senza troppi giri di parole."
"Il fatto è che," cominciò l'altro, prendendo a camminare. Gli stivali rossi sollevavano la neve, tracciando una scia di passi . "Potrebbe darsi che tu non sia l'unico Cavaliere d'Oro resuscitato."
Aquarius si sentì colmare. Non sapeva bene di cosa si trattasse, ma era una sensazione calda, solidale, serena, piacevole, /familiare/. L'idea di non essere più il solo superstite lo fece sentire meglio. Come quando Hades li aveva resuscitati: era convinto di aver plasmato le loro menti, ma non aveva nemmeno provato a mandarli in missione da soli. Un Cavaliere d'Oro doveva sempre avere accanto almeno un compagno dello stesso rango.
Il suo corpo si mosse da solo. Seguì Surt e l'afferrò per un braccio, inducendolo a fermarsi.
"Dove?" chiese, scrollandolo "Dove sono gli altri?"
In tutta risposta Surt gli scacciò la mano, forse anche troppo bruscamente.
"Camus... è quello che temevo. Quante volte devo ripeterti che sei asservito a Odino, ora? L'attacco che ti ho rivolto prima non era solo atto a testare i tuoi riflessi: volevo vedere se avresti contrattaccato."
Aquarius lo guardò senza capire. Ci provava, ma più tentava di decifrare i suoi intenti, più la sua spiegazione gli sembrava infondata.
"Non l'ho fatto." replicò, scaricando il Cosmo accumulato.
Surt dovette notare il breve movimento della mano, perché scosse la testa: "Oh sì invece. E sai cosa significa questo?"
Si allontanò di qualche passo. Il cielo era ormai imbrunito: dietro le nuvole s'intravedevano spiragli di luce crepuscolare, che si disperdevano nell'arcata grigia.
Aquarius non rispose.
"Se hai provato ad attaccare me, a cui devi la vita e con cui sei in debito da anni... non ti farai scrupoli a combattere un Cavaliere d'Oro."
Detto questo Surt rinfoderò la spada - alla quale Aquarius non aveva minimamente fatto caso - e gli voltò le spalle, per riprendere la ricognizione.
Aveva ragione. Il suo posto era lì. Una parte di sé si sentì come truffata: era stata una scelta sprovveduta e impulsiva, non poteva ritorcerglisi contro in quel modo.
C'era comunque la speranza che i Cavalieri d'Oro non s'imbattessero nel loro cammino: a quale scopo intromettersi in una faccenda che non riguardava loro minimamente?
"Ah sì dimenticavo," disse Surt, mentre Aquarius si affiancava a lui sul sentiero innevato.
"Sir Andreas vuole i tuoi amici Cavalieri d'Oro morti. E saremo io e te a consegnarglieli."

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