— The Hades Chapter: Interlude (Capitolo 11: Assolutamente imprevedibile) —


Ioria teneva tra le braccia il corpo inerme di Andromeda, che lo appesantiva nella sua affannosa corsa verso Asgard. La neve gli era d'intralcio, s'insinuava nell'armatura e bagnava le vesti ma lui non demorse e continuò ad avanzare, col fiato corto e le membra stanche. Dietro di sé, lampi e boati si alternavano quasi metodicamente, spesso facendo tremare il terreno. La neve si abbatteva su di lui furiosa, con il vento che sferzava la pelle e il cielo che s'ammantava sempre di più di grigio, presagendo una bufera.
Quel mattino s'era svegliato con un brutto presentimento. Inizialmente aveva accusato l'orribile mal di testa della notte prima, ma quando s'era rivestito ed era sceso a mettere qualcosa sotto i denti era stato pervaso da sonore pulsazioni che gli palpitavano nel cervello. Mur aveva percepito la stessa identica sensazione: un Cosmo potente, che differiva da quello immediatamente identificabile dei Cavalieri d'Oro. In qualche modo era una percezione familiare, quasi intima a cui però Ioria non era riuscito a trovare spiegazione fino a che non aveva avuto davanti coloro che la emettevano.
Lui e Mur avevano indossato le Armature e si erano precipitati all'inseguimento del segnale, spesso debole e talvolta aitante. Quel soffio di vita caldo in mezzo al gelo di Asgard li aveva guidati sin oltre le mura della città, costringendoli a varcarle.
E lì, pochi metri oltre il confine, nel mezzo di un bosco di conifere avevano trovato i Cavalieri di Bronzo.
Lo sconvolgimento era stato tale da inchiodarli sul posto: giacevano a terra in posizioni scomposte, chi col viso affondato nella neve, chi incastrato tra i rami bassi di una pianta. Il loro Cosmo indicava che fossero ancora vivi, ma la loro presenza lì rimaneva inaspettata e del tutto infondata. Ioria e Mur erano rimasti a guardarli ammutoliti, sino a che un grido non aveva spezzato il sibilo del vento e il silenzio che s'era venuto a creare tra loro. Come in automatico, le gambe di Ioria s'erano mosse in funzione di raggiungere il punto da cui era pervenuto. Aveva corso tra le fronde degli alberi e i cumuli di neve ghiacciata, fino a che non era sbucato in una radura poco lontana dalla zona in cui avevano rinvenuto i ragazzi. Se c'era qualcuno di ancora cosciente, avrebbe potuto spiegare quella faccenda. Inoltre, se quel qualcuno aveva gridato, significava che era in pericolo: avrebbe dovuto salvare almeno lui.
La scena che si era ritrovato di fronte era stata ancora più sconcertante di quella precedente: steso a terra con il viso cereo, Andromeda perdeva sangue dalla testa, completamente privo di sensi. Pochi metri più in là Pegasus era ricurvo su se stesso, i capelli spettinati nella neve e le vene blu che s'intravedevano pericolosamente al di sotto della pelle biancastra. Infine Crystal era sospeso a mezz'aria, tra le mani di un uomo in Armatura che gli stava trivellando lo stomaco con un pugno.
Ioria era scattato in avanti gridando e aveva lanciato immediatamente il Lightning Plasma sul nemico, facendogli perdere la presa su Crystal e scaraventandolo a terra.
Prima che questi potesse rialzarsi aveva incominciato a scagliare una serie di colpi sul suo corpo, che gli esplodevano sulla corazza in scintille e scoppiettii. A quel punto era accorso Mur, che doveva aver sentito l'infuriare della battaglia: aveva il viso sudato e le iridi tremule negli occhi sbarrati.
"Non solo loro..." aveva detto, guardando i ragazzi stesi a terra con sgomento. "C'è anche mio fratello."
Dopodiché era stato un susseguirsi di azioni e avvenimenti troppo fulminei perché Ioria ne prendesse realmente atto. Il Cavaliere in Nero, la cui Armatura ingigantiva la stazza li aveva attaccati, animato da una febbrile foga. Gli occhi da insetto rilucevano di furore e la bocca era distorta in un ghigno folle. Mentre combattevano aveva gridato qualcosa a proposito dei suoi esperimenti, di Sir Andreas e dei Cavalieri d'Oro e allora Ioria aveva intuito che fosse un alleato di Frodi, e quindi sottoposto dell'uomo che aveva usurpato a Hilda il trono di Asgard.
D'un tratto Mur l'aveva scansato con violenza e gli aveva comunicato mentalmente di prendere con sé i ragazzi e portarli in salvo. Ioria aveva provato ad opporsi ma la risata grottesca del nemico e lo sguardo eloquente di Mur l'avevano fatto desistere: abbassando lo sguardo sulle braccia scoperte, aveva visto il marchio viola che fluiva vitale e vizioso sulla la pelle.
Quindi ora incespicava lungo il sentiero per la città, con Andromeda stretto al petto, mentre alle sue spalle infuriava la battaglia. Mur non risentiva così gravemente dell'impatto delle stigmate, molto probabilmente perché non aveva ancora avuto a che fare con un God Warrior. Lasciandoselo indietro così rischiava che il compagno s'indebolisse, ma allo stesso tempo non poteva permettersi di abbandonare i Cavalieri di Bronzo in quelle condizioni.
Il ragazzo che portava tra le braccia aveva l'armatura sfregiata in più punti. I capelli erano sciolti e increspati di neve e le labbra assumevano un colorito violaceo a poco a poco che il tempo trascorreva. Doveva portarlo in salvo. Probabilmente l'intento del nemico era di sconfiggere Mur e partire al suo inseguimento, per riprendersi ciò che riteneva gli spettasse di diritto.
Ioria doveva impedire che ciò accadesse. Con un ultimo sforzo superò le mura di Asgard e si gettò tra la folla. Si levarono grida di dissenso e imprecazioni, ma lui le ignorò deliberatamente e continuò a correre. Riconobbe velocemente il vicolo che conduceva alla casa abbandonata in cui alloggiavano con Lyfia e lo imboccò in fretta. Svoltò a destra, poi a sinistra. Per poco non inciampò in un tratto di strada i cui ciottoli erano saltati via dal terreno, a causa dell'usura e delle condizioni tremende in cui vertevano. Attraversò l'intera città sotto gli sguardi della gente, urtando le persone e le bancarelle, collezionando sfilze di insulti che avrebbero fatto concorrenza alla reputazione di Cancer. Infine, finalmente, la vide: lontana dal resto delle abitazioni, nella zona periferica, c'era la baita che stava cercando. S'avventò sulla porta con una forza sovrumana, rischiando di scardinarla in un sol colpo.
"Lyfia! Lyfia aprimi!"
Battè forte la mano sulla superficie lignea, facendola tremare in un rimbombo sinistro.
La donna non tardò a presentarsi sulla soglia, con un'espressione stralunata. Gli occhi sbarrati si posarono prima su di lui, poi sulla figura del ragazzo tra le sue braccia.
"Oh mio dio, Ioria, cosa-"
"Prenditi cura di lui." la interruppe Ioria, porgendole Andromeda. Lei allungò le braccia come per afferrarlo, ma poi le ritrasse.
"Non..."
Ioria sbuffò d'impazienza e le passò accanto con una spallata. Entrò nell'ingresso della baita con il Cavaliere che pendeva pericolosamente verso terra, a causa del modo sgraziato con cui lo stava tenendo. I suoi passi erano tonfi metallici, incrementati dagli schinieri e gli stivali dell'Armatura d'Oro. Si guardò intorno con urgenza, poi adocchiò il divano sgualcito che stanziava di fronte al camino acceso.
"Cerca di medicarlo, Lyfia." ordinò, mentre vi adagiava il corpo di Andromeda con premura.
"Fa' quel che puoi mentre io vado a recuperare gli altri."
Si alzò velocemente e ripercorse i suoi passi, superando la giovane sulla soglia, che lo fissava senza capire.
"Ioria, cosa sta succedendo?"
Aveva la voce stridula. Con un cenno di dissenso lui l'afferrò bruscamente per le spalle, mosso dall'ansia crescente.
"Non ho tempo per spiegartelo, Lyfia" la guardò negli occhi, ricambiando il suo sguardo confuso.
"Fidati di me."
Fuori il vento fischiava, mentre il crepitio del fuoco nel camino suonava un lento sottofondo. Ioria si rivide negli occhi della ragazza, per un singolo e breve istante che non durò più d'un secondo. La propria immagine sembrava la rappresentazione del suo segno zodiacale: improvvisamente ardeva di Cosmo e ogni fibra del suo essere rispose a quella rovente necessità.
"Devo andare." proclamò, scostandola rudemente.
Poi si gettò nella bufera, per tornare indietro.




Mur venne scaraventato all'indietro e per l'impatto sbatté la schiena contro un albero. Un cumulo di neve gli precipitò addosso ammantandolo completamente e lui la sentì scivolare nell'armatura, collosa e bagnata. Represse un brivido di freddo e si concentrò per bruciare il Cosmo ancora una volta, prima che Fafnir potesse attaccarlo di nuovo.
Un tepore familiare s'impadronì del suo corpo mentre erigeva il Muro di Cristallo innanzi a sé. La mente vacillò vagamente, come un segnale di spossatezza, ma lui la forzò ugualmente a terminare il colpo.
Il dipanarsi del Cosmo sciolse in un batter d'occhio la neve, lasciandolo completamente fradicio.
Mur non se ne preoccupò: il calore avrebbe presto fatto evaporare anche l'acqua.
Quando ebbe la visuale libera notò Fafnir che s'accaniva contro il muro invisibile, urlando imprecazioni che a lui giungevano attenuate e distorte. Finalmente poté alzarsi, con un misto di sollievo e soddisfazione che non mancò di palesare con un sorriso. I capelli bagnati gli cadevano spettinati sul viso e sciolti sulla schiena. Aveva diverse lesioni sulle braccia e sulle gambe, mentre il simbolo violaceo disegnava spirali sempre più marcate sulla pelle. Non gli era rimasto molto tempo.
Si guardò intorno, alla ricerca dei corpi di Pegasus e Crystal. Erano piuttosto vicini tra loro, quindi non impiegò molto a raggiungerli.
"Bene." commentò, accucciandosi tra i due e posando le mani sulle loro schiene gelide. Le dita ebbero uno spasmo istintivo a contatto col freddo lancinante, ma lui le difese subito con il calore del Cosmo, che si propagò anche sui ragazzi.
Il tenue bagliore prese a intensificarsi, sino a divampare in spirali che s'alzavano nell'aria. Mur sentì il sudore che gli colava tra le scapole nel momento in cui il corpo s'asciugava dell'acqua residua e iniziava a risentire dell'umidità.
Mentre caricava il colpo il terreno ai suoi piedi franò, facendolo rotolare lontano dai corpi dei due ragazzi. Si scontrò contro il suo stesso Muro di Cristallo, che per quell'istante tentennò.
Alle sue spalle, Fafnir ghignava con crescente entusiasmo: a Mur bastò alzare lo sguardo per capirne il motivo. Radici d'alberi incrostate di fango oscillavano in tutta la zona, saltando fuori da sempre più numerosi squarci nella terra.
Sentì il sangue defluirgli dal viso e la testa che girava con maggior impeto: non aveva minimamente tenuto conto dell'abilità del God Warrior, troppo frettoloso di mettere in salvo i Cavalieri di Bronzo per curarsi della strategia.
Uno scossone alle spalle lo fece inciampare in avanti, dove un tralcio ridondante di vita gli si avviluppò al polso, trascinandolo con sé. In un attimo fu imprigionato tra le radici, che lo tiravano in diverse direzioni. Non ebbe nemmeno bisogno di voltarsi indietro per capire che il Muro di Cristallo era crollato: un rumore di vetri infranti esplose nell'atmosfera penetrandogli i timpani.
"Ora sei mio, Cavaliere dell'Ariete!" Fafnir non perse tempo e lo colpì alle spalle, facendolo barcollare in avanti. Se le piante non l'avessero sostenuto, Mur sarebbe caduto in terra.
Un altro colpo, questa volta più potente, lo fendette nella zona lombare. Sembrò che la spina dorsale si fosse incrinata all'istante, perché si sentì scomposto e instabile sulle sue stesse gambe. La risata di Fafnir echeggiò nei dintorni mentre continuava a frustarlo con le sue liane erbacee. Per ogni sferzata che riceveva Mur oscillava in avanti, per poi tornare in posizione a causa delle costrizioni dei tralci. Il corpo era una gabbia di calore. Il marchio ormai l'aveva invaso quasi del tutto e, a riprova di ciò, sfrigolava con intensità.
"Che cosa-" un colpo gli stroncò le parole in gola, ma Mur non demorse. "Che cosa volete da noi? E' stato il vostro signore a riportarci in vita?"
Le percosse cessarono per un istante, dandogli finalmente modo di respirare. Agli angoli delle labbra sentiva il sapore ferroso del sangue. Il sudore era colato negli occhi, rendendoli così appannati e la schiena sembrava un fascio di fenditure. Il God Warrior era riuscito a ferirlo benché indossasse le Sacre Vestigia.
Fafnir finalmente lo aggirò, per fronteggiarlo faccia a faccia. Il suo viso sembrava carta vetrata: fili lanuginosi e grigi pendevano da sotto il casco, in una capigliatura lunga e stopposa.
"Riveleresti mai a un nemico i tuoi sporchi intenti?" lo interrogò, senza smettere di sorridere in quel modo che sembrava tagliargli in due i lineamenti.
Mur non fece in tempo a rispondere che una serie di colpi s'abbatté sulla schiena del nemico, facendogli sbarrare gli occhi per lo sconcerto.
Il Cavaliere batté le palpebre: aveva riconosciuto il colpo, ma non riusciva a percepire alcun Cosmo amico intorno a sé. Quando la sagoma imponente di Fafnir crollò a terra in un grido d'agonia, però, la figura di Ioria si profilò alle sue spalle, ancora fermo nell'atto di scagliare il Lightning Plasma. Ansimava intensamente, ma non sembrava ferito. Il marchio riluceva sul suo corpo con la stessa intensità del sudore.
"Muoviti, Mur. Teletrasportali a casa." ordinò, indicando Pegasus e Crystal.
Mur fece una smorfia: "Se tu mi dessi una mano, lo farei volentieri."
Ioria sembrò accorgersi solo in quel momento delle sue condizioni. L'espressione rigida si ammorbidì in un accenno di dispiacere, ma fu così veloce che lui credette d'esserselo immaginato.
Il Cavaliere del Leone si ricompose velocemente e avanzò fra i tralci ora privi di spira. Quando gli fu vicino calpestò volutamente il corpo stordito di Fafnir, senza mostrare il minimo senso dell'onore. Mur sorrise debolmente.
"Sei proprio-" uno strattone gli impedì di proseguire. Ioria lo tirò a sé per un braccio e poi tranciò con una scintilla una delle radici che lo tenevano imprigionato. Fu come se il sangue riprendesse a scorrere: la mano intorpidita riacquisì immediatamente il suo colorito roseo.
"Sono proprio cosa?" domandò, mentre ripeteva lo stesso processo con tutti i tralci.
Quando ebbe terminato, Mur gli crollò addosso, esausto.
"Il solito Cavaliere senza onore."
Strinse i pugni e sorprese le proprie dita a tremare.
Ioria lo sorresse con le mani e sospirò gravemente, muovendo la testa. Probabilmente si stava guardando intorno, o stava esprimento il prorio dissenso.
"Ti chiedo un ultimo sforzo, Mur. Mentre tengo occupato l'avversario, tu devi teletrasportare i ragazzi a casa. Avrei voluto agevolarti di più il compito, ma non abbiamo tempo."
"Lo so" ribatté Mur, facendo per scostarsi. Aveva le gambe tremanti e la gola secca ma a poco a poco, nei recessi della sua mente, riuscì a percepire un flebile accenno di Cosmo proveniente dal Cavaliere d'Oro che aveva di fronte.
Ioria lo trattenne per le spalle: "Va', adesso. E stai attento."
I due si divisero emettendo un crepitio leggero, probabilmente dovuto all'interruzione del contatto tra i loro marchi. Mur si precipitò velocemente verso Pegasus e Crystal e di nuovo si accucciò, poggiando le mani sulle loro schiene e invocando con tutta la forza che aveva in corpo l'Onda di luce stellare. Alle sue spalle, a poco a poco, iniziò a sentire i colpi che riprendevano e intuì, senza però voltarsi per accertarsene, che la battaglia fosse ricominciata.
Ogni poro della sua pelle era dilatato, la mente sgombra e satura di Cosmo, le membra che si riprendevano lentamente dall'intorpidimento. Inspirò a fondo e recepì l'essenza del Settimo Senso che s'impadroniva di lui. Calma, quiete, padronanza, determinazione si fusero in uno spettro d'emozioni che, mischiandone diverse tra loro, raggiungeva l'unico e solo sentimento necessario: la speranza.
La zona s'accese d'una luce abbagliante che inghiottì tutto. Mur rimase fermo immobile con gli occhi chiusi, mentre la percezione dei corpi sotto alle sue mani s'eclissò in un istante.
La luminosità si protrasse per un paio di secondi, poi scomparve in un'evanescente nebulosa.
Quando ogni cosa fu tornata alla normalità, di Pegasus e Crystal non v'era più la minima traccia.
"Tu! Lurido scarto laccato in Oro!" Fafnir avanzò verso di lui, gli occhi fuori dalle orbite. Mur non riuscì a far altro che accasciarsi a terra, incapace anche solo di alzare un braccio per difendersi dai suoi colpi. Ioria lo fermò appena prima che il God Warrior potesse tangerlo, schierandoglisi di fronte e parando l'attacco con un fascio di luce.
"Ne mancano tre, Mur! Vai da loro!"
Tutta l'euforia che Mur aveva percepito mentre teletrasportava Pegasus e Crystal sembrava essere svanita nel nulla. Ora ansimava, lo sguardo rivolto a terra e i capelli che sfioravano la neve, acquisendo sfumature più scure là dove si erano bagnati. Il Settimo Senso gli era sfuggito di mano, come se il suo corpo fosse divenuto molle e privo di barriere che potessero trattenere più a lungo il potere.
Il marchio pulsava sul suo intero corpo in un'intermittenza scroboscopica, facendolo sentire gonfio e violato.
"Non... ci riesco, Ioria." un conato di vomito gli annodò lo stomaco, facendolo piegare in avanti. Le dita persero il contatto con il terreno e lui cadde, boccheggiando in maniera irregolare.
Ioria venne scagliato a pochi metri da lui e subito si voltò a guardarlo, turbato. "Mur!"
Un altro colpo lo fece arretrare e per poco non lo incassò in pieno, per colpa della distrazione. Mur si vide costretto a chiudere gli occhi, perché le palpebre si erano fatte insostenibilmente pesanti.
"E' inutile, Cavaliere, il tuo amichetto fa la nanna. Hai idea di quanta linfa vitale gli ho sottratto prima? E' ora che anche tu faccia la sua stessa fine!" Fafnir deflagrò in una risata, che echeggiò fastidiosamente tutt'intorno a loro. Una serie di sferzate suggerì a Mur che l'uomo avesse evocato nuovamente le sue amate radici.
Fu vagamente consapevole di Ioria che scagliava alcuni tra i suoi colpi più potenti, alternandoli a grida strozzate e tonfi dalla differente intensità.
Mentre stava per assopirsi, una voce penetrò i suoi ultimi pensieri con un impatto impeccabile.
"Sei un Cavaliere d'Oro di Atena, Mur. Non ti farai abbattere da questo."
Improvvisamente, il sangue nelle vene divenne Cosmo. Mur riuscì a vedere, attraverso le palpebre chiuse, la luce che si espandeva tanto da render la sua stessa pelle una fonte naturale d'energia. Divampò, lo bruciò al punto che pensò di ustionarsi, ma quando riaprì gli occhi si riscoprì semplicemente in piedi, l'Armatura che riluceva come se fosse nuova.
Il Cosmo era un vorticare di vitalità e forza. A Mur prudevano le dita, a causa dell'immensa tensione concentrata dentro di lui.
"Per il Sacro Ariete" mormorò come in automatico, puntando le mani aperte di fronte a sé. Fafnir era di spalle, intento a sgusciare tra una radice e l'altra per evitare i colpi di Ioria. Prese la mira e assottigliò lo sguardo, con la massima calma.
"Rivoluzione Stellare!"
Dal suo corpo si levò una pioggia di polvere di stelle che avvolse automaticamente il nemico, vorticandogli intorno e colpendolo allo stesso tempo con spietata violenza. Il God Warrior lanciò un urlo acuto, ma Mur non accennò a rallentare. Dall'altra parte, anche Ioria rincarò la dose.
Mentre combattevano, l'Armatura del primo cominciò a vibrare in sincronia con il suo Cosmo, al punto da mutare improvvisamente. Mur si sentì compresso dalle Vestigia, mentre sulla schiena s'allungavano delle pesanti ali e le corna d'ariete sulle spalle aumentavano la loro lunghezza. I colori divennero un tripudio d'oro pallido e oro zecchino e i decori sul petto, gli intarsi sulle spalle si espansero raffinati.
Fafnir venne finalmente annientato: cadde inerme a terra, senza più mostrar segno di vita.
Ioria rimase fermo a fissare Mur con stupore crescente, la bocca spalancata e gli occhi strabuzzati allo stesso modo. L'affanno muoveva il suo petto in su e in giù. I capelli gli si erano incollati alla fronte a causa del sudore.
Mur, dal canto proprio, era un'esplosione d'energia. La risonanza delle parole di Virgo traboccava ancora dentro di lui in un furore incontrollato, che necessitava d'esser sfogato al più presto.
Sapeva in quale modo.
"Ho sentito il Cosmo di Virgo" disse, avanzando verso il compagno. Ioria gli andò incontro lentamente, come se temesse di finir scottato da tanto ardore.
"Virgo?" la sua espressione si fece speranzosa "Ed è... merito suo, questo? Voglio dire, è vivo?"
Mur poteva ben capire il suo entusiasmo. Il suo cuore reagiva a quella notizia allo stesso modo.
"Lo è. Dovremmo iniziare a cercarlo." tese la mano a Ioria, che l'afferrò con una vaga esitazione.
Era stanco e segnato dalla fatica, i pantaloni squarciati e l'Armatura scheggiata in diversi punti.
La propria non aveva un graffio, forse a causa di quell'improvviso cambiamento che l'aveva evoluta a uno stadio di cui non era a conoscenza. Ioria proabilmente stava pensando la stessa cosa, perché lo fissava con aria assorta.
Mur accarezzò il suo palmo con le dita, per ridestarlo con calma.
"Sono così pieno d'energia che se non uso uno dei miei colpi più potenti sento che potrei esplodere." esordì, accennando un sorriso.
Ioria alzò immediatamente lo sguardo, posandolo nei suoi occhi: "Mi devi delle spiegazioni." gli lasciò la mano con delicatezza, poi passò accanto a lui e si mosse verso la zona in cui giacevano sconfitti Ikki, Sirio e Kiki. "Ma me le darai quando saremo tutti quanti a casa."
Mur lo guardò allontanarsi tra le conifere, il passo lievemente zoppicante. Si voltò una sola volta a controllare il cadavere di Fafnir e poi oltre, come se si aspettasse di veder comparir Virgo da un momento all'altro.
Le domande gli affollavano la mente con un'insistenza pari al concentrato di forza repressa che lo pregava d'esser sfogata. Interrogativi riguardo Virgo, riguardo i God Warriors, riguardo la sua nuova Armatura, riguardo suo fratello Kiki e la misteriosa presenza dei Cavalieri di Bronzo ad Asgard.
/Vediamo di trovare delle risposte/ si disse, guardando davanti a sé. Poi si decise, finalmente, a seguire Ioria nel bosco.

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