▬ Minkia che guaio! - pt. 1 ▬


- TEMPO PRESENTE (non so in che altro modo metterla giù), ex Platinum Jail -
Sei teneva tra le braccia il corpo inerme dell'Allmate di suo fratello, e ne accarezzava il pelo con delicatezza.
Erano trascorsi due anni da quando l'incidente alla Toue inc. gli aveva ridato la libertà e a lui non era rimasto che rifugiarsi proprio nei postumi del Platinum Jail, il luogo in cui era cresciuto.
Sei aveva scoperto cos'era la serenità. In quel lasso di tempo si era riposato e aveva imparato a fare qualcosa per se stesso.
La sua vita non era nulla di eclatante, ma condurre una simile esistenza a lui sembrava bastare. Amava la libertà che era riuscito a ottenere grazie ad Aoba, la causa scatenante della rivolta che aveva visto Toue crollare, e gli era grato con tutto se stesso.
Proprio in segno di gratitudine stava cercando di fare qualcosa per lui. Non sapeva dove si trovasse, né cosa stesse facendo. Semplicemente sentiva di dovergli qualcosa e ora si stava prendendo cura di Ren, il suo Allmate che era rimasto gravemente ferito dal crollo del Platinum Jail. Sei l'aveva trovato privo di sensi proprio sotto le macerie e da quel giorno, per quei due anni, non aveva mai smesso di tentare con tutte le sue forze di rimetterlo in sesto. Inizialmente gli era sembrata un'utopia. Quel corpo privo di vita sembrava un fantoccio senza anima, e Sei si era quasi dato per vinto. Poi aveva però riscoperto nel suo potere un valido alleato: tramite quello era riuscito a parlare con Ren e a guarire la sua mente, che era finita sotto il controllo di uno strano virus. Sapeva che Aoba al posto suo sarebbe stato in grado di fare lo stesso, ma aveva comunque agito, mettendo in conto che forse il fratello non sarebbe mai più tornato. Ormai gli era cara la vita di Ren. Anche se non poteva averci a che fare fisicamente, riusciva a percepire il suo calore e questo lo faceva sentire meno solo. Qualcosa, di lui, gli ricordava suo fratello. Sei sapeva che Ren altri non era che un'altra personalità di Aoba, ma riusciva comunque a distinguerli perfettamente. L'unica cosa che li accomunava ai suoi occhi era l'affetto smisurato e fraterno che provava nei loro confronti.
Anche quel giorno, Sei giurò a se stesso che sarebbe riuscito a trasferire la mente di Ren dentro il corpo dell'Allmate.
"Se non oggi, domani..." si disse, accarezzandolo con più trasporto.
Prima o poi sarebbe stato in grado di ricambiare il favore ad Aoba.



- IN THE MEANTIME, Beni-shigure's sede -
Il campanello del negozio tintinnò, indicando a Koujaku che qualcuno stava entrando.
"Mi dispiace, al momento siamo chius-" si interruppe quando si rese conto che sulla soglia non c'era una cliente, bensì Mizuki.
"Ah, sei tu" disse quindi, sollevato. L'altro gli sorrise.
"Scusa il poco preavviso" si giustificò poi, abbassando il cappuccio della felpa per farsi vedere meglio.
Koujaku scosse il capo, facendogli cenno di avvicinarsi.
"Non ti preoccupare. Vieni pure."
Mizuki esitò e fece prima per togliersi le scarpe.
Koujaku scosse il capo: l'amico era troppo premuroso e se la prendeva sempre comoda.
"Non fare convenevoli e vieni" ridacchiò "Se mi fai visita ad un orario così improbabile devo aspettarmi delle novità, o sbaglio?"
Mizuki rise a sua volta: "Niente di particolare, a dire il vero... ma volevo vederti". Raggiunse Koujaku e lanciò un'occhiata fintamente interessata alle carte sparse sul tavolo. Erano una serie di mappe o informazioni che si erano procurati negli ultimi tempi e che avrebbero dovuto condurre tutte quante alla stessa persona: Aoba.
Koujaku, invece, soppesò con lo sguardo l'amico.
"Volevi... vedermi?" domandò, inarcando un sopracciglio. Non era affatto da lui.
Mizuki era, di solito, il primo a presentarsi lì non appena rinveniva qualche prova che potesse illuminare loro la strada e proprio per questo a Koujaku risultava anomalo che andasse a trovarlo a mani vuote. Doveva essere successo per forza qualcosa.
Mizuki annuì, vago: "Aha. Non mi è concesso fare visita a un amico?" disse poi, prendendo posto di fronte a lui.
Koujaku lo scrutò sospettosamente."Ti conosco bene, Mizuki e non è difficile intuire quando stai mentendo. Che hai combinato stavolta?"
'Stavolta' non era il termine più appropriato. L'ultima volta che era successo qualcosa a Mizuki risaliva a più di due anni prima, quindi troppo tempo perché potesse essere menzionato in un discorso recente.
In quel lasso di tempo, Koujaku aveva fatto parecchie cose.
Come, ad esempio, vedere Aoba felice con un uomo che non fosse lui. Felice e innamorato. Ciò per cui Koujaku aveva lottato mettendo in gioco la sua stessa vita.
Quando lui e Noiz avevano ripreso i sensi in seguito al combattimento con i membri della Morphine, tutto era già finito da tempo. Del Platinum Jail rimanevano solo macerie e poche erano le stanze sopravvissute al terremoto.
Fu l'ultima volta che Koujaku vide Aoba.
Mink lo teneva in braccio e camminava con un portamento fiero. Non sembrava che avesse appena salvato la vita ad una persona.
Quello che stringeva tra le braccia... era il suo trofeo.
Lui e Noiz si erano immediatamente avventati su di lui, ma Mink aveva respinto bruscamente entrambi.
Ciò che era rimasto impresso a Koujaku era lo sguardo completamente disinteressato di Aoba. Sorrideva, ma non sembrava sollevato di vederli.
"Io e Mink ci sposiamo" aveva detto.
E si erano baciati.
Il pensiero che qualcun altro avesse avuto prima di lui il privilegio di assaporare le labbra di Aoba lo faceva stare male anche ora.
Anzi, ora più di prima.
Arrabbiato, Koujaku era andato oltremare, nel posto in cui aveva vissuto con sua madre per un sacco di tempo.
E lì, esattamente a un anno dalla sua partenza, aveva ricevuto la telefonata di Mizuki. Stava bene. E aveva bisogno del suo aiuto.
"Koujaku?"
La voce dell'amico lo ridestò dal suo salto nel passato.
Koujaku si affrettò a sorridergli: "Sì, scusa. Stavi dicendo?"
Mizuki assunse un'espressione imbronciata, per nulla consona ad una persona della sua età. Ma che, tutto sommato, gli stava anche bene.
"Sono appena stato accusato di aver combinato qualcosa" gli rammentò, incrociando le braccia.
"E ho appena smentito."
Koujaku si mise a ridere. Mizuki riusciva a rendere leggera ogni conversazione pesante. Sapeva gestire una situazione come la loro con una pacatezza che riusciva ad allentare ogni tensione. Era davvero una benedizione in mezzo a tutta quella tristezza.
"Allora scusa" gli concesse "ma potresti ripetere?"
Mizuki si fece improvvisamente serio. Quello sguardo su di lui faceva un certo effetto. Vederlo così incupito era strano quanto raro.
Koujaku fece per chiedergli se stesse bene, ma questi lo interruppe prima che potesse aprire bocca.
"Morphine. Ho sentito delle voci."
Koujaku avvertì un brivido sinistro sotto la pelle.
Morphine. Una delle cause principali del disastro in cui tutti loro si erano invischiati due anni prima.
"Sei sicuro di quello che dici? Potrebbero essere solo voci..." ribatté, cercando di mettere a suo agio l'amico. Mizuki annuì, poco convinto. "Potrebbe essere. Come potrebbe essere il contrario."
Sospirò, poi cercò di ostentare un sorriso.
"Ma! Tanto non ho più nulla da perdere, no? E tu di sicuro non sei uno che si fa abbindolare come un idiota" disse.
Nella voce c'era una nota di autocommiserazione, ma tutto sommato stava scherzando e a Koujaku venne naturale sorridere di rimando.
"Se vuoi" fece, iniziando a raggruppare le carte piene di piste false che aveva appena finito di consultare.
"Puoi fermarti a dormire qui."
Succedeva spesso, ormai. Mizuki non aveva più un team e starsene da solo nel suo pub lo intristiva parecchio.
"Se non disturbo" disse, illuminandosi.
Conosceva già la risposta di Koujaku.
"Non disturbi mai".


- IN THE MEANTIME, Junk shop Heibon -
Noiz mise piede nel negozio aspettandosi determinate cose.
Prima di tutto, Aoba.
Aveva lasciato passare del tempo e durante quei due anni aveva risolto un po' di cose, della sua vita, che non erano ancora state sistemate.
Ma non era riuscito a dimenticare Aoba.
/Non l'aveva mai voluto/, a dire il vero.
Aveva già messo in conto di tornare, per sistemare i conti con lui una volta per tutte e per convincersi, forse vedendolo felice con un'altra persona, di non essere lui quello destinato a rimanergli accanto per sempre. Perché fino a quel momento aveva creduto di esserlo.
Ancora non credeva nell'amore, ma proprio per questo confidava che fosse Aoba ad insegnargli di che si trattasse.
Un'altra cosa che si aspettava, era di ritrovare tutto invariato, completamente identico a come l'aveva lasciato. Gli piaceva pensare che il tempo si fosse fermato mentre lui solo cresceva e progrediva.
Infine, più che aspettarsela, prospettava vendetta. Una vendetta priva di rancore, ma ricca di risentimento.
Tutto quello che ottenne una volta messo piede nel negozio fu lo sguardo stranito di Haga-san ed uno stanco: "Ma come, non lo sai? Aoba non lavora più qui da almeno due anni!"
Noiz lo sospettava, a dire il vero.
Che il negozio non fosse più lo stesso, che tutto fosse cambiato, che il mondo fosse andato avanti anche senza di lui. Ciò che non gli riusciva, era accettarlo.
E più di tutto, Aoba. Non riusciva ad accettare che Aoba lo avesse lasciato indietro.
Senza nemmeno ringraziare uscì dal negozio e si incamminò frettolosamente lungo le fredde vie del distretto Est.
Aveva in mente un'altra destinazione, prima di affidarsi alla sua ultima scelta.
Che, per inciso, non era nemmeno fondata: Koujaku era andato via nello stesso periodo in cui anche Noiz era partito.
Non credeva che fosse più tornato, perciò preferì seguire la strada che portava a casa di Aoba.
Quando fu abbastanza vicino ebbe quasi l'impulso di tornare indietro. Il presentimento che l'altro non ci fosse pulsava forte dentro di lui.
Tuttavia, mentre era ancora intento ad arrovellarsi su cosa fare, si ritrovò faccia a faccia con Tae-san.
"Eh?"
Questa lo scrutò con sospetto, probabilmente chiedendosi cosa ci facesse Noiz di fronte a casa sua, quando avrebbe dovuto essere da tutt'altra parte.
Eppure il motivo principale era tutt'altro.
"Noiz? Non ci posso credere, che hai fatto alla faccia? Ora sembri quasi una persona per bene!" commentò, stranita.
Noiz si sentì vagamente infastidito dall'affermazione, ma la colse immediatamente. Si riferiva probabilmente al fatto che si fosse liberato dei numerosi piercing che aveva applicato a tutto il corpo.
Ora che provava dolore li trovava seriamente fastidiosi.
"Sono cresciuto." rimarcò comunque.
Era un concetto che gli stava particolarmente a cuore, poiché era stufo di essere visto come un ragazzino.
Tae-san scoppiò a ridere. Era una risata un po' amara.
Noiz si rese conto che il tempo l'aveva invecchiata maggiormente. Ora sembrava più triste e spenta.
"Sembra che tutti quanti stiate tornando a casa. Vorrei tanto che Aoba facesse lo stesso..." commentò, vagamente sovrappensiero.
Noiz si fece più attento: "Aoba? Dov'è adesso?" domandò.
Non che non lo sospettasse, ma era sempre bene chiedere.
Qualcosa, nella mente, gli suggerì che sarebbe stato meglio non indagare oltre.
Quel "io e Mink ci sposiamo" rimbombò a vuoto nei ricordi.
"Oh, vorrei tanto saperlo anche io." confessò Tae-san.
Fece silenzio per un po', poi sembrò ridestarsi dal suo malumore.
"Sto scherzando, sto scherzando! Vorrei solo che mi dicesse se sta bene. Non chiama mai."
Noiz storse il naso. Sapeva quanto quella donna contasse per Aoba. Il fatto che proprio lui la lasciasse sola con così poco riguardo non faceva che alimentare i suoi sospetti.
"Alla fine si è sposato" affermò. Era una constatazione che richiedeva solo un cenno di diniego o di assenso. Noiz si aspettava il secondo.
Tae-san, infatti, annuì. "Non che fossi così favorevole alla cosa. Ma dopotutto... la vita è sua, no?"
Qualcosa, in Noiz, si agitò. Lui lo sapeva, ma non poté frenare il subconscio.
La donna dal canto suo non attese nemmeno una risposta. Alzò le spalle e prese ad avanzare, con un moto che sottintendeva che volesse essere seguita. Noiz la affiancò, turbato.
"Capiti proprio a fagiolo" iniziò infatti, sorridendo. "Sto andando a svolgere una commissione molto importante."
Lui fece silenzio, attendendo il seguito.
Tae-san proseguì: "Aoba dovrebbe essere avvisato... ci teneva tanto."
"Ci teneva?" ripeté Noiz, in chiave interrogativa. Non riusciva a capire dove Tae-san stesse andando a parare e ciò lo disturbava.
La donna fece un ampio sorriso e poi lo guardò negli occhi.
"Quel vostro amico, Clear... sono riuscita a farlo aggiustare."


- IN THE MEANTIME, casa di Mink -
Aoba aveva una catena al collo. Essa gli trapanava la trachea ogni volta che deglutiva.
Stava sbavando e arrancando come un cane.
Mink voleva che usasse il suo potere.
Era semplice, ma Aoba non riusciva ad accontentarlo. Quella parte di lui che faticava a comprendere si rifiutava di collaborare.
Provava un assurdo risentimento verso se stesso. Si odiava perché si stava lentamente uccidendo.
"Lo.....so che ci sei" mormorò, tra le lacrime stimolate dalla difficile posizione.
"Parlami" ordinò, più duramente.
Era questione di attimi prima che Mink tornasse. Doveva approfittare di quel momento di solitudine per liberare la mente e /sentirlo/.
Il potere scorreva ancora in lui.
Aoba lo sapeva.
In quell'istante entrò Mink. La scena era sin troppo familiare, tanto che Aoba non sussultò nemmeno. Legato com'era non ci sarebbe comunque riuscito.
Era abituato a tutto. Al corpo pieno di lividi, alle botte che li procuravano, alla violenza e alle parole cattive. All'essere completamente violato, nudo, esposto, sporco.
Aoba era abituato a tutto.
Ma era convinto che non sarebbe mai stato abbastanza.
Anche quello di strozzarlo era un must.
Sembrava piacergli come pratica.
"N....non ci.... riesco, Mink" disse Aoba, con quanta più convinzione possedesse. Strinse i denti mentre la sua presa si intensificava e pregò che Mink non andasse fino in fondo.
"Non ci riesci, eh? Allora ti porterò sull'orlo della morte. Sono sicuro che anche /lui/ tenga al tuo corpo" sogghignò questo.
Anche in un momento del genere, Aoba provò una fitta di gelosia nel sentirlo parlare dell'altra personalità custodita dentro di lui.
Era suo.
L'unica cosa che, nonostante tutto, gli rimaneva. L'unica /persona/.
Suo.
Assolutamente ed innegabilmente "Mio" mormorò, sfidando Mink con lo sguardo.
Lui smise per un attimo di fare pressione sul suo collo. Non che Aoba potesse provare sollievo, vista la catena che ancora lo stringeva.
"Come dici?" domandò, assottigliando gli occhi e facendosi più vicino.
Aoba ebbe voglia di vomitare. Stava perdendo i contatti con il proprio corpo e se avesse perso conoscenza in un momento del genere avrebbe potuto pentirsene.
"E'... mio..." ripeté e le lacrime ripresero a scendergli ininterrottamente lungo il viso.
[DISTRUGGILO. DISTRUGGI TUTTO.]
Mink all'improvviso mollò la presa e si fece indietro. Aveva un'espressione completamente diversa dal solito. Aoba non percepì nemmeno più il dolore martellante alla testa che si presentava di consueto quando /lui/ parlava.
Fu come se la sua anima si fosse dislocata completamente dal suo corpo.
Probabilmente gli era accaduto spesso, quando l'altro si impadroniva di lui e lo usava per i suoi scopi, ma in quei momenti non era cosciente.
Ora Aoba vedeva tutto. E lo sentiva.
[DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI DISTRUGGI]
Intensamente, velocemente... tutto divenne bianco e Aoba perse i sensi.
Fu la prima volta, in due anni, che riuscì a dormire un sonno sereno.


- IN THE MEANTIME, Beni-shigure's sede -
"Lo hai sentito anche tu, vero?" chiese Mizuki, affannato per la corsa che aveva fatto per raggiungere la stanza di Koujaku.
Fu stupito di trovarlo nello stesso identico stato in cui era lui: scosso da qualcosa che non sapeva spiegarsi.
"L'ho sentito." confermò Koujaku.
"L'hai... sentito." ripeté Mizuki per lui.
Rimasero a guardarsi senza capire.


- IN THE MEANTIME, casa di Virus&Trip (hanno una casa vero?!!!)-
Virus percepì un brivido lungo la schiena.
Fu così intenso che si rigirò infastidito nel letto e si ritrovò faccia a faccia con Trip.
Lo guardava come se fosse in attesa di qualcosa.
"E' come se-" iniziò, ma Virus questa volta fu più veloce. "Anche io. Deve essere come un segno, suppongo."
Trip gli lanciò uno sguardo scettico: "Aoba?" azzardò, poco convinto.
Virus annuì. Anche l'ultima volta si era trattato di lui.
"E' sicuramente successo qualcosa."


- IN THE MEANTIME, nella (vecchia) camera di Aoba -
Noiz sollevò la testa dal letto, su cui era adagiato il corpo completamente rimesso a nuovo di Clear.
Era seduto accanto a lui da quando l'avevano consegnato a Tae-san, quel mattino. Ora la stanza era illuminata dal sole in tramonto. Qualcosa all'improvviso l'aveva ridestato.
Si era sentito stringere il cuore e istantaneamente ne aveva perso un battito.
Tuttavia, non era stato doloroso. Quello che aveva percepito Noiz era molto simile ad una carezza gentile, di un tocco riconducibile solo ad una persona.
"Master?"
La voce di Clear lo fece sussultare.
Si voltò velocemente verso di lui e lo trovò seduto, con un'espressione confusa e le coperte tutte stropicciate sulle ginocchia.
Lo sguardo pieno di aspettativa di Clear non mutò quando incontrò la figura di Noiz.
Anzi, divenne carico di affetto e insensata allegria.
"Noiz!" esclamò e si fece più vicino.
"Sei ancora qui! Siete tutti qui!"
In un attimo Noiz se lo ritrovò con le braccia al collo. I suoi capelli gli solleticavano il viso e il suo respiro sulla pelle gli faceva uno strano effetto.
"Tutti... qui?" domandò, confuso. Indeciso sul ricambiare o meno, vagò con le mani sulla schiena di Clear. L'altro annuì. "Prima ho... sentito la voce del mio Master" confessò, appoggiandosi col viso sulla sua spalla. Noiz trasalì appena: allora non se l'era immaginato.
Qualcosa, che di sicuro riguardava Aoba, era accaduto. E gli trasmetteva una sensazione positiva, di pura serenità.
D'un tratto si accorse che il corpo di Clear era scosso dai singhiozzi.
Provò a chiedergli se fosse tutto apposto, ma questo lo strinse più forte, come a volerlo rassicurare.
"Master..." mormorò.
"Sono così felice... master".
Noiz finalmente trovò la forza di abbracciarlo.
Avrebbe voluto dirgli che stava provando gli stessi suoi identici sentimenti e che non riusciva a comprenderne neanche uno, ma si limitò a stringere il suo corpo come se fosse l'unica cosa importante. L'unica che gli rimaneva.
Clear, come lui... era rimasto indietro.


- IN THE MEANTIME, ex Platinum Jail -
Tra le braccia di Sei, Ren aprì gli occhi.
Questo, nel sonno, fu scosso da un tremore che lo pervase per un po' di secondi, ma in quegli attimi parve ancora più sereno di quanto già non lo fosse.
Ren sapeva che tutto questo poteva essere opera di una sola persona: "Aoba", mormorò.
E in cuor suo sperò che il momento in cui si sarebbero rivisti fosse appena più vicino di prima.

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