▬ Minkia che guaio! prologo ▬


Tutto ciò che Aoba voleva era essere felice.
Non era mai stato una persona pretenziosa. Si era sempre accontentato di fare ciò che gli concerneva, sempre.
Se la sua vita trascorreva nella monotonia, allora avrebbe condotto un'esistenza monotona.
Se fosse accaduto qualcosa per cui si fosse trovato costretto ad agire, allora avrebbe agito.
Aoba era /felice/ proprio di poter stabilire da sé come vivere.
Anche se questo avesse significato vivere la vita più triste del mondo.
Ma Aoba aveva perso ogni diritto. Anche la sua indipendenza, ed ogni libertà.
Aoba voleva solo essere felice, perché in quel momento non lo era.
E non lo era perché non era più padrone della sua vita.



-DUE ANNI PRIMA, Platinum Jail-
Mink correva trascinandosi Aoba appresso.
Poco gli importava che questo a momenti stramazzasse al suolo: ciò che contava, a detta sua, era la salvezza.
Aoba non era del tutto contro a questo suo proposito, ma aveva appena dovuto fare i conti con troppi avvenimenti che ancora lo scombussolavano, e la sua mente non era lucida come avrebbe dovuto.
"Mink! Mink...!" chiamò, ansimando per lo sforzo di stargli dietro.
Mink nemmeno si voltò.
Rallentò, però, l'andatura dando modo ad Aoba di avvicinarsi.
"Cosa vuoi?"
Aoba si accorse di tremare. Gli girava la testa e forti pulsazioni al cervello gli annebbiavano la vista.
Si rese però conto che gli occhi erano appannati anche a causa delle lacrime, che copiose presero a scivolargli sul viso.
"Sono... andati... tutti" biascicò, con un filo di voce.
Come se dirlo così piano potesse eludere quell'amara verità.
Mink smise di avanzare.
Tra i due si creò un silenzio pesante, intermezzato solo dal chiasso che si espandeva tutt'intorno a loro.
Poi Mink annuì.
"Tutti" confermò.
Non era quello che Aoba voleva sentirsi dire. Lo sapeva, naturalmente, ma ricevere quell'amara conferma gli fece male al cuore.
"NO!" gridò, e si prese la testa tra le mani, piangendo disperatamente.
"KOUJAKU E NOIZ, LORO- SONO RIMASTI INDIETRO PER... PER ME! E CLEAR... LUI E'..."
Mink si fece più vicino, senza dire nulla. Il suo sguardo era duro, ma Aoba non gli prestò attenzione e continuò.
"REN! DOV'E' REN? CHE GLI HAI FATTO CON QUELLA--- QUELLA COSA?!?" la sua voce era spezzata e stridula. Stava raggiungendo il limite.
Mink improvvisamente gli tirò uno schiaffo.
Fu così violento che Aoba fu scaraventato in terra.
"In situazioni come queste devi mantenere il controllo." disse severamente.
Il suo sguardo penetrante faceva sentire Aoba violato. "Io..." singhiozzò, ma il nodo che aveva alla gola gli impedì di proseguire.
Mink sospirò, poi gli tese la mano. "Tirati su. Dobbiamo andarcene".
Ora la sua voce era inspiegabilmente dolce.
Aoba non capiva più nulla. Era un misto di emozioni negative che lo stavano divorando dall'interno. La guancia lesa bruciava ardentemente.
[DISTRUGGILO. DISTRUGGI TUTTO.]
La voce palpitante che gli penetrò i sensi lo fece sussultare violentemente. Il suo intero corpo venne percorso da brividi convulsi.
Aoba gridò forte, prendendosi di nuovo la testa tra le mani.
E, d'un tratto, si ritrovò stretto tra le braccia di Mink.
Gridava ancora, e piangeva, e prendeva a pugni il suo (enorme e peloso) petto.
Ma era tra le sue braccia. Questo bastò a calmarlo.
"M-mink... tutti... sono andati" ripeté quando si fu calmato, con un filo di voce, le lacrime che ancora gli scaldavano le guance.
Mink sbuffò. Era diverso dalle altre volte. Ad Aoba parve meno freddo del solito.
"Non tutti" disse, contraddicendo quanto aveva affermato precedentemente.
"Io sono qui."
In quell'istante, forse perché non gli era rimasto più nulla... Aoba vide in lui tutto. Tutto ciò che desiderava e che poteva avere.
Le sue lacrime mutarono. Ora piangeva per quello che aveva, non per ciò che aveva perso. Un'amara consolazione che lo faceva stare bene.
"Se usciremo vivi da qui, tu..." cominciò Mink, sollevandolo tra le sue braccia.
"Mi sposerai."
Aoba si strinse maggiormente a lui. La battaglia stava ancora infuriando, ma aveva fiducia. Sarebbero sopravvissuti.
"Lo voglio."



- IN THE MEANTIME, sempre al Platinum Jail -
Virus percepì un brivido fastidioso lungo la schiena.
Era una sensazione di perdita, come se qualcosa gli fosse stato strappato via.
"Trip" chiamò, facendogli cenno di avvicinarsi. Questo lo fece con evidente disinteresse: non gli dava mai particolarmente retta.
Prima ancora che Virus potesse parlare, lo precedette.
"Che cosa ce ne facciamo di questi due?"
Indicò i corpi privi di sensi di Koujaku e Noiz, accatastati malamente l'uno sull'altro.
Virus sbuffò: "Al momento non potrebbe fregarmene di meno."
Trip alzò gli occhi al cielo e assestò un calcetto distratto a Noiz.
"Che vuoi?" chiese allora, lanciandogli uno sguardo svogliato.
Virus stava iniziando a spazientirsi. Sentiva che ciò che aveva percepito fosse più importante di tutto quello.
Tuttavia non poteva riferirlo a Trip in quel modo.
"Niente..." disse, facendogli un cenno vago con la mano.
"Andiamo via."
Non appena mosse un passo per uscire dalla stanza, l'altro gli si parò davanti.
"Sicuro di stare bene? Mi sembri distratto" chiese, preoccupato.
Il suo sguardo però era anche freddo, e in qualche modo mise Virus in soggezione.
"Sto benissimo" ribatté, duro. Per rivendicare la propria posizione lo scrutò con acidità ma non ebbe alcun effetto, dal momento che ora Trip era più alto di lui.
Dannazione.
Trip lo guardò strano ancora per un po', poi si fece da parte.
"A quelli ci pensiamo dopo" decise.
"Andiamo."
Mentre uscivano dalla stanza, di nuovo, Virus venne pervaso da un senso di perdita. Come se qualcosa di importante gli fosse stato improvvisamente portato via.

-DUE MESI DOPO, casa di Mink-
Aoba si strinse nelle coperte. I capelli lunghi ora superavano la schiena, e non aveva più avuto modo di arrangiarsi a tagliarli. Faceva freddo. Era una sensazione familiare, lì, perché non importava quale temperatura ci fosse... faceva /sempre/ freddo.
Il calore che aveva percepito quella volta in cui Mink se l'era stretto al petto ora sembrava così distante. Aoba iniziava a pensare di essersi immaginato tutto. Anche Koujaku, Noiz, Clear, Ren... Mizuki. Ogni ricordo pareva sfumato. Tutto ciò lo faceva tremare.
Solo.
Era immensamente solo.
Così solo che era arrivato a desiderare di poter sentire ancora quella voce nella testa, pur di poter tangere la sua sola presenza.
Ma c'era solo Mink.
Come a volergli rimarcare la sua presenza e rimproverargli la dimenticanza, questo entrò in camera.
"Alzati." ordinò, senza neanche salutarlo o rivolgergli uno sguardo.
Aoba si sentiva una sporca puttana, non suo marito.
Fino al matrimonio era andato tutto bene. Mink lo aveva consolato, lo aveva aiutato. Aoba sentiva quasi di essere stato /salvato/ da lui.
Era dopo, che tutto aveva incominciato ad andare a rotoli.
Il sesso non era più sesso, ma si era trasformato in abusi e violenza.
Anche in quel momento, Aoba conosceva bene le intenzioni di Mink.
Eppure, silenziosamente, obbedì.
Mink gli si avvicinò minacciosamente. Squadrò il suo corpo magro, fasciato appena da una vestaglia sdrucita di seconda mano e poi gli mise una mano tra i capelli, tirandoli.
Aoba si sentì piegare dal dolore ed emise un grido strozzato, privo di stupore ma colmo di risentimento.
Perché?
Perché era sempre così?
Perché Mink gli faceva male?
"M-mink... m-mi fai-"
"NON MI INTERESSA" tuonò questo, guardandolo con ferocia e odio.
Aoba voleva solo che la smettesse. Era stato disposto a dargli tutto, lo era ancora, ma non se il prezzo da pagare era quello.
Le lacrime iniziarono ad annebbiargli la vista.
"P-per favore..." tentò di nuovo, ma Mink gli assestò un pugno in pieno viso e lo scaraventò sul letto.
Aoba fece per allontanarsi, ma Mink fu più veloce di lui e lo afferrò per una caviglia.
"Hai provato di nuovo ad uscire, eh, troia?" sbottò, avvicinandolo rudemente a sé e cercando di spogliarlo della sua vestaglia.
Avere le sue mani addosso faceva sentire Aoba sporco.
Lottò con tutte le sue forze per prevalergli, ma Mink era più forte di lui e lo immobilizzò contro il materasso, tenendogli stretti i polsi.
"Mai più" gli ringhiò con il suo alito fetido sulle labbra.
"Non ti azzarderai mai più, o ti mozzerò braccia e gambe per tenerti con me!"
Aoba chiuse gli occhi. Le lacrime gli colavano copiose lungo le guance, ma ormai non ci faceva più caso.
Il terrore prevaleva su tutto.
Mink sarebbe stato capace di farlo.
E l'avrebbe fatto davvero.
Aoba si detestò con tutto se stesso per essersi rovinato la vita in quel modo. Voleva indietro la sua libertà, la sua quotidianità... tutto.
Ora lo vedeva chiaramente: Mink era stato tutto, sì, ma tutto ciò da cui era sempre scappato. Ogni cosa orribile di quel mondo.
Ma era troppo tardi.
Tardi al punto che l'unica cosa che poté fare fu concedergli il suo corpo, senza più essere tanto sicuro che gli appartenesse.
In mezzo a quell'ondata di sdegno e dolore, distinse solo e chiaramente la volontà di Mink.
"Ti nasconderò al mondo e ti imprigionerò con me per sempre. Dove nessuno potrà mai più trovarci."
Mai più.



- POCHE ORE DOPO, ospedale -
Mizuki stava sfogliando distrattamente una rivista, senza prestare particolare attenzione a quanto vi era scritto sopra.
Qualcosa lo turbava. E non erano tanto i fatti antecedenti al suo risveglio lì, con quelli continuava a fare i conti da tempo.
Era qualcosa di indefinito che lo faceva sentire male.
Come se già non stesse male abbastanza per ciò che aveva fatto.
Erano scomparsi tutti. Si era risvegliato solo, in quel letto d'ospedale, e in quel lasso di tempo che lo aveva visto riprendersi nessuno era venuto a fargli visita. Non che si aspettasse di riceverne dai fautori delle sue condizioni, o dai suoi ex-compagni di team.
A pensarci bene non aveva diritto di pretendere la compassione o il conforto di nessuno. Quello che aveva fatto era imperdonabile.
D'un tratto la porta della stanza si spalancò, e Mizuki rimase a bocca aperta quando vide di chi si trattava. "Aoba?!" mormorò, quasi a se stesso, come a volersi convincere di non star sognando nulla.
Questo richiuse la porta alle spalle con violenza, e si avvicinò al letto.
"Devo parlarti." disse, e Mizuki si ricredette in un attimo.
Quello poteva anche essere il suo corpo, ma gli occhi erano completamente differenti. Li aveva già visti, ma faticava a ricollegare.
Era come se quello sguardo fosse in grado di violarlo. Violare ogni parte di lui. Improvvisamente si sentì a disagio e non riuscì più a sostenerlo.
"C-chi sei?" chiese, scostando il capo e guardando altrove.
L'altro si sedette bruscamente sul letto e lo fece sussultare. Poi si fece vicino e lo tirò a sé per il pigiama.
Mizuki tornò a guardarlo.
Ora che si soffermava meglio su di lui, poté notare che il suo corpo era completamente trasandato. Era troppo magro e pieno di percosse.
"Quindi hai capito che non sono Aoba." stabilì questo. Quando si accorse dello sguardo di Mizuki si allacciò meglio la felpa, infastidito.
Tutto quello era immensamente surreale. Mizuki stava parlando con una persona che aveva le sembianze di Aoba, ma che non aveva niente a che vedere con lui. La sensazione che aveva provato in precedenza si ripresentò.
Chiunque fosse quella persona, Mizuki ne era certo, gli aveva fatto del male.
"Chi...sei." rimarcò, cercando di sfuggire dalla sua presa senza alcun risultato.
"Ascoltami bene" fece l'altro, tirandolo ancora più vicino a sé.
Mizuki chiuse gli occhi.
"Vedi questo corpo? Ti è ancora cara la vita del tuo amichetto? Potresti non rivederlo mai più, lo sai?"
Mizuki socchiuse lo sguardo, intimorito ma anche incuriosito.
Seppe per certo che l'altro si stava riferendo ad Aoba.
Non riuscì a rispondere, però. Tutto ciò che riusciva a fare era guardare l'altro e percepire un senso di malore nel farlo.
L'altro sbuffò irritato: "Sei peggio di quando ti ho trovato l'ultima volta. Ed eri conciato male."
Mizuki trasalì.
L'ultima volta.
Lo aveva già incontrato.
Improvvisamente tutto fu chiaro: Aoba che cercava di aiutarlo e poi quegli occhi, lo sguardo così diverso e così intenso che lo distruggeva.
Iniziò a tremare. Non era terrore, ma poteva percepire chiaramente in sé che fosse una reazione alla persona che sedeva di fronte a lui.
Non fece in tempo a dire nulla che l'altro, spazientito, gli afferrò la testa con le mani: "Ho capito, ho capito. Faccio da solo."
Mizuki rimase inerme, con la fronte contro la sua, mentre questo gli penetrava di nuovo la mente. Non percepiva più alcun sentimento, ma gli sembrava di poter vedere chiaramente ogni sua emozione, come se queste fossero all'esterno del suo corpo e del suo cuore stesso.
Attese che qualcosa si rompesse, di percepirsi di nuovo morire e precipitare in una lotta interna dentro di sé.
Ma non successe nulla del genere. L'altro gli parlò, nella sua mente e la sua voce sembrava così calma che finì per tranquillizzarlo.
Poi Mizuki si accasciò su di lui e perse i sensi.
Quando si risvegliò era già sera. La stanza d'ospedale era buia, e Mizuki era da solo.
Ciò che era accaduto poteva tranquillamente essere frainteso per un sogno, ma dentro di lui sapeva che non era così. Perché proprio lì, dentro di lui, aveva ricevuto un ordine.
Quello di salvare la vita di Aoba ad ogni costo.

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