Quest’anno, dopo quattro partecipazioni consecutive ai Seminari di Capodarco, non potrò esserci.
A fine a agosto mi sono fratturato il gomito dx e sono tuttora in attesa di sapere se e quando dovrò eventualmente affrontare un intervento chirurgico, mentre mi devo affidare ad un'intensa attività di fisioterapia riabilitativa.
Mi spiace non esserci perché per me Capodarco è stato, da quando ho potuto partecipare, un momento significativo di sincera condivisione, di relazione aperta e costruttiva. Non oso spendere la parola comunione, che ha una sua altissima compiutezza nei rapporti umani, però mi sento certamente di dire che ho toccato con mano apici di fraternità in un clima di armonia. Mi mancheranno le persone che ho incontrato lì, tutte, ciascuno secondo l’intensità che è stata propria al carisma dell’incontro e di ciascuno.
Mi spiace perché per me Capodarco è stato ogni volta un luogo di confronto e di crescita umana e professionale. Non posso dire quali e quanti ricordi affiorino ogni volta che ripenso alle diverse esperienze. So che per me, il giornalismo, la professione che ho amato fino a perderla, e per la quale ho vissuto, ha ritrovato a Capodarco un suo senso ed una sua misura. E’ accaduto nelle tante lezioni, umane prima che professionali, venute dagli incontri più istituzionali, e nei tantissimi dialoghi informali, che sono la più naturale e bella espressione di un seminario ininterrotto nella comunità. Mi mancheranno quelle tracce di senso che sono state conforto e sostegno ad una visione.
Mi spiace perché il tema ed il taglio di lettura dato quest’anno al Seminario, nel ventennale, sono _il tema e la lettura_. Sono i tempi che viviamo. E mi sarebbe piaciuto moltissimo esserne nel vivo a Capodarco, confortato dalle esperienze e dalle testimonianze degli ospiti, immerso nelle inquietudini e nelle speranze condivise tra compagni di viaggio del seminario, tutti. Mi mancheranno le riflessioni degli ospiti di Capodarco e i dialoghi che avrebbero potuto essere segnavia e conforto in tempi in cui più di sempre è difficile fare sintesi. La transizione è per sua natura sfavorevole ai fondamenti del Tempo, segnata com’è dalla precarietà di esiti duraturi.

Insomma, mi mancherete tutti e tutto mi mancherà di Capodarco, quest’anno. Nella mia esperienza di giornalista a tempo parzialissimo e di casalinga a tempo ormai quasi pieno, Capodarco è stata ora un’ancora, ora una bussola, sempre un’icona di comunità professionalmente ispirata alla condivisione del senso, dello spazio, del tempo, spesso anche interiore. Un lungo indimenticabile lampo di luce in un anno di silenzio e di solitudine professionale.
A voi tutti auguro buon lavoro ed un Seminario sapido di umanità, di speranza e di conoscenza,
Giordano

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