ecco perché #Milanese non è un perseguitato politico, ma un malfattore (roba per appassionati seri, astenersi perditempo) #opencamera :

Onorevoli Colleghi! - A nome dei deputati risultati in minoranza nella seduta del 14 settembre 2011, riferisco sulla richiesta di autorizzazione a eseguire la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato Marco Mario Milanese.
La Giunta ha deliberato sulla domanda il 14 settembre 2011, proponendo a maggioranza, con undici voti contro dieci, il diniego dell'autorizzazione. Il procedimento può dividersi in due tronconi, sia per ragioni di natura probatoria che metodologica: I) quello legato allo scambio illecito delle informazioni giudiziarie e dei presunti interventi volti a condizionare le indagini (Viscione Paolo); II) quello del mercimonio di due nomine in società di secondo livello relative a Marchese Guido e Barbieri Carlo, in dipendenza dell'incarico affidato dal ministro al suo consigliere politico di individuare i nominativi di soggetti idonei a ricoprire ruoli direttivi nelle società partecipate dal ministero dell'economia e delle finanze.
Da alcune intercettazioni operate nell'ambito di un'attività investigativa condotta nei confronti di Paolo Viscione sono emersi elementi dai quali si evidenziava la sussistenza di rapporti poco limpidi tra l'imprenditore ed alcuni esponenti politici.
In particolare, in seno ad alcune conversazioni intercorse tra Paolo Viscione e Giovanni Sidoti, suo stretto collaboratore, si faceva riferimento a numerosi donativi (denaro, auto di lusso, oggetti preziosi, viaggi) elargiti dal Viscione all'on. Milanese, ufficiale della Guardia di finanza congedatosi nel 2004 e componente dal 2001 fino alle dimissioni del 28 giugno 2011 dello staff del ministro Tremonti.
Sulla scorta di tali dati, la procura disponeva accertamenti finanziari sui conti correnti bancari dell'on. Milanese e acquisiva elementi di riscontro consistenti in assunzione di informazioni e sequestri documentali. A completare il quadro investigativo venivano acquisite le dichiarazioni di Paolo Viscione e di Giovanni Sidoti che confermavano sostanzialmente quanto emerso dalle risultanze delle indagini.
L'inchiesta ha ad oggetto diverse ipotesi di reato, che vanno dalla rivelazione di segreti d'ufficio (articolo 326 c.p.), alla corruzione propria (articolo 319 c.p.) e all'associazione per delinquere (articolo 416 c.p.), addebiti gravissimi per un pubblico ufficiale quale un colonnello della Guardia di finanza in congedo.
Nelle sue dichiarazioni al P.M., il Viscione, che controlla ed ha interessenze in molte società operanti nel settore assicurativo e finanziario, ricostruisce in modo dettagliato e documentato i suoi rapporti con l'on. Milanese, raccontando delle informazioni giudiziarie e tributarie che quest'ultimo gli forniva, delle sue rassicurazioni sull'esito delle indagini, nonché delle ripetute ed esose richieste di denaro ed altri beni di lusso come contropartita per il suo interessamento. In particolare, l'on. Milanese lo informa di un'indagine condotta dalla Procura di Napoli (p.m. dott. Ardituro) nel 2004 o 2005 e di successive indagini nel 2009, in ultimo gli rende nota un'attività intercettiva sulle utenze telefoniche in uso allo stesso Viscione.
Per le informazioni rivelate, ma, soprattutto ostentando la garanzia di un esito favorevole dei procedimenti a suo carico, l'on. Milanese aveva preteso dal Viscione - come dichiara lo stesso - ingenti somme di denaro (complessivamente circa 1 milione) e altri cospicui donativi.
Inoltre l'imprenditore riferisce della trattativa per la cessione della sua compagnia di assicurazione, la EIG, a Gianni Lettieri e del ruolo da intermediario svoltovi dall'on. Milanese che avrebbe dovuto ricavarne una commissione del 10 per cento.
Le investigazioni condotte dalla Digos di Napoli hanno accertato che Paolo Viscione ha corrisposto al deputato Milanese tra il 2005 e il 2009 i seguenti donativi:
- preziosi donati dal Viscione e acquistati presso la gioielleria Laurenti titolare della SI.TI.ST di Roma: 2 Patek Philippe, un Frank Muller da donna per la somma di euro 39.000, oltre alla somma di euro 5.000, quale saldo per un anello con brillanti da donna acquistato da Milanese 2 anni prima e non ancora interamente pagato (dichiarazioni di Stefano Laurenti, riscontrate contabilmente con assegni). Le dichiarazioni di un altro gioielliere, Alberino Costanzo di Capri, confermano quanto dichiarato dal Viscione in relazione al regalo alla moglie di Milanese di un paio di orecchini del valore di 40 mila euro. Il fatto è confermato dallo stesso Milanese innanzi ai magistrati il 29 marzo 2011 durante le spontanee dichiarazioni rese nell'ambito dell'indagine e, poi, recisamente negato durante l'audizione presso la Giunta (1);

(1) Dalle spontanee dichiarazioni di Marco Milanese: «una volta Viscione ha preso mia moglie a Capri, le ha regalato degli orecchini, mia moglie... è normale che poteva ricambiare come poteva, se lui spendeva cento, io potevo spendere dieci, poi i gemelli d'oro, poi nel 2006 lui compra una Bentley usata, si metta nei miei panni, io ho trascorso tutta una vita dove era sempre tutto limitato, tutto».

- effettivo pagamento del viaggio di Capodanno 2009-2010 a New York a favore dell'on. Milanese e della sua compagna Bravi Emanuela, attraverso la società Nowosad, formalmente broker e mandataria della EIG, che utilizzava le somme incassate distraendole dalla originaria destinazione. In tale occasione vi è riscontro della somma di euro 69.979,00, a tal uopo corrisposta all'agenzia turistica di Aosta Liberi tutti;
- autovettura Ferrari 612 Scaglietti acquistata in leasing presso la concessionaria Race Cars nel novembre 2006. Su una cartellina acquisita presso la concessionaria Race Cars era riportato il nome di Milanese ma all'interno della stessa vi era un preventivo indirizzato alla società del Viscione Arteinvest in relazione ad una operazione di permuta tra una Bentley (di proprietà dell'Arteinvest ed in precedenza già in uso gratuito a Milanese) e una Ferrari Scaglietti nuova con contestuale versamento di un conguaglio in denaro (promiscuità e triangolazione di rapporti con Arteinvest-Race Cars-Milanese). A tal riguardo il Viscione sostiene che due assegni erano stati dati da lui alla concessionaria quale anticipo per la Ferrari (è stata in effetti riscontrata la dicitura «scag.612» sulle matrici degli assegni prodotti dal Viscione).

L'inchiesta ha disvelato un preoccupante intreccio tra il gruppo del Viscione e l'on. Milanese che, in concorso con taluni ufficiali della Guardia di finanza ancora non identificati, (che egli, probabilmente, "oliava") otteneva, per un verso, informazioni giudiziarie e, per altro verso, il rallentamento delle inchieste a carico dell'imprenditore. Nella memoria il collega Milanese fa riferimento a un'inchiesta condotta dalla dott.ssa Amalia Capitano presso la procura della Repubblica di Benevento. Tale inchiesta è stata dapprima archiviata nel 2002 e poi riaperta. Gli atti di tale inchiesta sono cospicui e denotano a carico del Viscione un notevole volume di incassi e di versamenti bancari. Di qui l'ipotesi di reato di riciclaggio. Tuttavia, tale indagine, per evidenti lentezze, si concluderà nel 2009 con una nuova archiviazione.
Si tratta di un dato perlomeno degno di approfondimento: se si mettono in fila i rallentamenti di cui parla il gen. D'Arrigo, la contemporaneità dell'inchiesta con gli acquisti di orologi e di automobili e, finalmente, la nuova archiviazione, la precisa coincidenza dei tempi non può non suscitare dubbi.
La chiamata di correità da parte del Viscione è tutt'altro che generica, avendo lo stesso indicato le circostanze in cui gli furono rivelate le notizie e gli furono chieste elargizioni di denaro e altri beni di lusso, fornendo dati riscontrabili oltre che con riferimento alle dichiarazioni di altri soggetti coinvolti nella vicenda, anche attraverso documenti.
L'on. Milanese, dal canto suo, sostiene nella sua memoria difensiva che il Viscione aveva nei suoi confronti due motivi di rancore. Il primo legato alla mancato appoggio alla candidatura a sindaco di Cervinara del genero, il secondo al fallimento della trattativa per la cessione della società EIG, trattativa di cui era intermediario lo stesso deputato.
In realtà da alcune intercettazioni emerge il risentimento del Viscione nei confronti dell'on. Milanese, oltre che per i suoi comportamenti anche per aver osteggiato la candidatura del genero nonostante i doni elargitigli in quegli anni, ma questo, a ben vedere, non è la vera causa della rottura dei rapporti tra i due verificatasi anche precedentemente a quegli episodi.
Il Viscione già in riferimento alla vicenda del 2004-2006 aveva, infatti, il sospetto di essere stato in qualche modo ingannato dal Milanese a causa di un interrogatorio, cui fu sottoposto dalla Guardia di finanza un certo Lucci, uomo di sua fiducia. Tale fatto deponeva nel senso di una ripresa delle indagini a suo carico, nonostante le rassicurazioni in senso contrario dell'on. Milanese e le liberalità di varia natura elargitegli.
I rapporti, interrotti bruscamente, riprendono nel 2009, in coincidenza con la definitiva archiviazione del procedimento. Sempre nel 2009 l'on. Milanese comunica all'imprenditore che sono in corso altre indagini a suo carico.
Qualche tempo dopo l'on. Milanese, dopo aver incassato quasi per intero la somma richiesta per il suo intervento (450.000 euro su 600.000) lo informa il Viscione che i suoi telefoni erano sotto controllo e non era opportuno parlarsi. Il Viscione allora pensa ad un nuovo atto di millanteria usata per spillargli denaro senza alcun effettivo intervento sulla Guardia di finanza delegata alle indagini.
Il Gip sul punto conclude che, anche a voler riconoscere le ragioni del risentimento personale del Viscione, queste possono aver tutt'al più contribuito alla sua decisione di denunciare le condotte del Milanese, ma, indipendentemente dalle motivazioni che lo hanno determinato, le sue dichiarazioni hanno verifiche oggettive ed elementi di riscontro emersi dalle attività di indagine che le rendono degne della massima attendibilità, come quando l'on. Milanese sostiene che le evidenze di pagamenti da parte del Viscione emerse dalla documentazione contabile presso la Race cars sono spiegabili con il fatto che anche Vincenzo Viscione, figlio di Paolo, aveva acquistato una Ferrari, omettendo di ricordare un dato evidente e cioè che presso la medesima Race cars è stata rinvenuta una cartellina che riporta in epigrafe il suo nome («Milanese») che contiene un preventivo indirizzato alla società di Viscione ARTEINVEST e che l'assegno prodotto dal Viscione porta la dicitura Scagl. 612 oltre al fatto che l'operazione si sostanziò in una permuta con altra autovettura del Viscione già in uso al deputato.

Tali elementi di riscontro sono peraltro individualizzanti, come richiesto dalla giurisprudenza costante della Cassazione nel senso che hanno «direttamente ad oggetto la persona dell'incolpato e devono possedere idoneità dimostrativa in relazione allo specifico fatto attribuito».

A tal proposito si osserva che:
i donativi effettuati dal Viscione in favore dell'on. Milanese (il pagamento di un viaggio - soggiorno a New York, l'acquisto degli orologi presso la gioielleria Laurenti, il dono di varie macchine) vengono confermati e riscontrati attraverso bonifici, assegni, dichiarazioni;
in relazione alle prime indagini giudiziarie nei confronti del Viscione, la Digos ha accertato che le attività dello stesso e delle sue società erano sottoposte ad una indagine partita dalla Procura di Benevento nel 2003, trasferita alla DDA di Napoli, restituita, poi, alla Procura di Benevento che chiede l'archiviazione del procedimento nel 2009.

Il Viscione non ha avuto alcuna occasione per conoscerne ufficialmente l'esistenza, l'ampiezza del suo oggetto e il nome del magistrato titolare dell'indagine. (Viscione ha, tra l'altro, prodotto anche un appunto consegnatogli da Milanese per rappresentargli quale fosse la natura e il contenuto delle investigazioni medesime).
Ritiene inoltre il Gip che la posizione di Milanese quale aiutante di campo del ministro e quindi la sua funzione di collegamento tra il ministro e il corpo della Guardia di finanza consentiva all'on. Milanese, anche per i suoi addentellati di carattere personale, di accedere alle informazioni riservate provenienti dall'interno del Corpo e di indirizzare a alti componenti del corpo stesso orientamenti ed indicazioni. D'altronde sia l'acquisto della Ferrari Scaglietti, sia i prelievi in contanti da parte di Oscar Russo, delegato a ciò dal Viscione, sia il donativo degli orecchini di brillanti (40.000 euro) avvengono in un arco temporale coincidente con quello delle indagini e costituiscono elementi assolutamente compatibili con le rivelazioni di quest'ultimo. Allo stesso modo credibili e coerenti appaiono al GIP i riscontri alle dichiarazioni del Viscione con riferimento alla condotta del Milanese a far data dal settembre 2009 circa le informazioni fornite sulle nuove indagini avviate nei suoi confronti dalla Guardia di finanza, su delega dell'Autorità giudiziaria di Napoli (acquisto degli orologi presso la gioielleria Laurenti, viaggio soggiorno a New York, erogazione di 450.000 euro sui 600.000 concordati), nonché per quanto attiene alla successiva notizia dell'esistenza di intercettazioni telefoniche. In particolare il Viscione riferisce di aver appreso la notizia delle intercettazioni il 15.02.2010 (come da annotazione sul suo calendario) ed in effetti le intercettazioni prendono avvio alle 17.54 del 15 febbraio 2010. Tale notizia, come è agevole intuire, essendo nota solo agli operatori di polizia giudiziaria della Guardia di finanza delegata alle operazioni, poteva essere tempestivamente comunicata in un momento tanto prossimo all'avvio delle operazioni di ascolto solo da qualcuno che fosse in possesso di informazioni assolutamente riservate.
Dagli atti dell'inchiesta emerge inoltre che l'on. Milanese ha 4 cassette di sicurezza, 2 a Milano e 2 a Roma - che sono state aperte dallo stesso con assiduità (circa 20 volte in un anno e mezzo, dal 31 luglio 2009 fino al 14 dicembre 2010, al mattino presto). Lo stesso giorno dell'esecuzione del mandato di arresto del Viscione (14 dicembre 2010) Milanese effettua un accesso dalle 8.41 alle 8.46 alla cassetta di Roma del Credito Artigiano, via della Conciliazione e un accesso tra le 9.05 e le 9.17 alla cassetta n. 6 presso l'agenzia n. 7 del Credito Artigiano di via Marmorata.
Dopo tale data non farà più accessi, nonostante il decreto di sequestro delle cassette sia datato 6 marzo 2011.
Nel valutare le spontanee dichiarazioni rese da Milanese, il Gip le considera inattendibili perché contrastanti con il dato obbiettivo degli elementi emersi dalle investigazioni e, in particolare, appare spropositata l'entità delle regalie fatte dal Viscione e difficilmente spiegabile in ragione dei soli buoni rapporti correnti tra i due (es. orecchini di brillanti del valore di 40.000 euro donati alla moglie dell'on. Milanese, ovvero l'acquisto della Ferrari Scaglietti con assegni di Viscione ed i relativi preventivi di spesa inoltrati dalla concessionaria alla società di Viscione per l'auto dell'on. Milanese). Né appare coerente la dichiarazione del Milanese di voler restituire in contanti le somme per i viaggi con la sua compagna, che sarebbero solo state anticipate dal Viscione al fine di sottrarli alla visione della moglie: infatti, per un verso, il viaggio a New York è stato effettuato dopo la separazione, ad accordi coniugali già conclusi, per altro verso la medesima esigenza di riservatezza ventilata in tale circostanza non si riscontra, ad esempio, con riguardo agli episodi relativi all'acquisto delle barche (2008/2009). Tali dichiarazioni sono inoltre apertamente contrastanti con quelle rese da Sidoti, Russo e dai gioiellieri e col fatto che l'on. Milanese non ha mai restituito il presunto prestito.
Il GIP ritiene inoltre sussistente la partecipazione dell'on. Milanese all'associazione per delinquere facente capo a Paolo Viscione nella forma del concorso esterno. Dalle indagini svolte è emerso che Milanese aveva sfruttato le sue conoscenze per rallentare o sviare le investigazioni condotte dalla Guardia di Finanza su un gruppo di società facenti capo al Viscione per estorcergli considerevoli somme di denaro e altri costosissimi regali durante un arco di tempo che va dal 2004 al 2010. Le condotte corruttive del Milanese con le relative rivelazioni di notizie coperte dal segreto e di interventi sulle indagini hanno offerto uno stabile e consapevole sostegno all'associazione facente capo al Viscione, la cui esistenza, contestata nell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del citato imprenditore, è stata peraltro confermata dal tribunale del riesame.

Il secondo filone di indagine riguarda la vicenda delle nomine di Marchese Guido e Barbieri Carlo. Nel corso delle indagini sui fatti di corruzione Milanese-Viscione, la consulenza tecnica segnalava come degne di approfondimento alcune operazioni individuate nell'ambito dei rapporti intercorsi tra l'on. Milanese e Marchese Guido e Barbieri Carlo. A questi ultimi erano stati conferiti nomine ed incarichi in alcune società pubbliche (Sogin, Finmeccanica ed altre) da parte del MEF, che ne era azionista di maggioranza o in altre società in cui il socio di maggioranza erano le società c.d. di I livello (come Otomelara e Ansaldo Breda). Il dirigente del MEF Francesco Parlato e il capo di gabinetto Vincenzo Fortunato hanno dichiarato che l'unico ad occuparsi di tali nomine era l'on. Milanese.
Le modalità, i tempi e le motivazioni di alcuni trasferimenti di denaro effettuati da Marchese e Barbieri secondo gli inquirenti, pur se formalmente giustificati da atti di compravendita, erano tali da indurre a pensare che tali atti fossero solo una copertura per giustificare il passaggio di consistenti somme dai conti di Barbieri e Marchese a quelli dell'on. Milanese. Barbieri e Marchese infatti per acquistare la casa di Cannes di proprietà dei coniugi Milanese costituiscono una società, la SOGEPA. Incomprensibilmente però anticipano dai loro conti correnti personali la caparra e ciò avviene in coincidenza con le nomine nelle cariche sociali di cui sopra. Da diverse intercettazioni emerge che l'on. Milanese si preoccupa di suggerire a Fracchia, l'agente immobiliare, per riferirlo a Marchese e Barbieri, cosa rispondere nel caso venissero fatte dalla procura domande specifiche sulle transazioni riguardanti gli immobili ubicati in Francia e soprattutto su eventuali nomine. In tale circostanza l'intento di sfuggire ad eventuali interferenze si evince dalla prudenza adottata nell'utilizzare per le loro comunicazioni utenze diverse da quelle note a loro e a terzi.
Gli elementi che il Gip pone a supporto delle ipotesi di reato sono fondati sullo spasmodico scambio di telefonate volte ad orientare e concordare il contenuto delle dichiarazioni che Barbieri, Marchese e Fracchia dovevano rendere in procura come persone informate sui fatti.
Le conversazioni intercettate erano caratterizzate dalla preoccupazione degli interlocutori di evitare possibili intercettazioni ricorrendo a conversazioni sulle utenze delle mogli o all'uso di schede straniere.
Carlo Barbieri e Guido Marchese vengono tratti in arresto per corruzione e vengono scarcerati in data 15 luglio 2011 con la seguente motivazione: «Permangono a carico degli indagati gravi e univoci indizi di colpevolezza in ordine al reato loro ascritto, in considerazione del fatto che le dichiarazioni rese nel corso degli interrogatori di garanzia non hanno minimamente scalfito il quadro probatorio emerso dall'espletata attività di indagine, trattandosi di dichiarazioni in più punti generiche e contraddittorie, e soprattutto sfornite di idonei elementi di riscontro». Il GIP Amelia Primavera dispone, pertanto, la scarcerazione unicamente in ragione del fatto che è venuto meno il pericolo di inquinamento probatorio.
Dal canto suo, il PM Francesco Raffaele aveva dato parere favorevole alla scarcerazione giacché il quadro probatorio veniva ritenuto «sufficientemente consolidato, pur a fronte delle insanabili contraddizioni rese dai predetti indagati».
Estremamente inquietanti sono poi le dichiarazioni di Cosimo D'Arrigo, già comandante generale della Guardia di finanza. Questi l'8 agosto 2011 asserisce testualmente: «Ho avuto rapporti con il ministro Tremonti fin dal suo insediamento del 2008. In quell'occasione conobbi sia il ministro sia l'onorevole Milanese e il ministro mi disse che per tutte le problematiche di ordine generale concernenti la Guardia di finanza potevo far riferimento al Milanese stesso. Sebbene il ministro mi disse che non mi sarebbe stato precluso - quando lo avessi ritenuto opportuno - un accesso diretto a lui, mi rappresentò che il delegato sugli affari del corpo era Milanese». Prosegue D'Arrigo: «Di fatto, nel quotidiano dei frequenti rapporti di carattere istituzionale che necessariamente si tengono tra la Guardia di finanza e il ministro dell'economia il nostro referente è sempre stato l'on. Marco Milanese». Tutto ciò, spiega D'Arrigo al dott. Piscitelli, comportava «qualche problema pratico e di complessivo rallentamento» nell'attività, giacché Milanese raramente si faceva trovare.
D'Arrigo ricorda che al momento di predisporre il piano d'impiego dei generali di corpo d'armata, Tremonti gli fece presente che il generale Spaziante doveva essere destinato a Roma, perché aveva problemi familiari dovuti alla separazione dalla moglie. D'Arrigo allora afferma: «Capii che il predetto Spaziante aveva verosimilmente utilizzato la sua notoria amicizia con il Milanese». Dalle argomentazioni suesposte non sembra che si possa parlare, come fa la maggioranza di incompletezza e di parzialità nelle indagini.
Quanto al preteso fumus persecutionis e le esigenze cautelari, l'on. Milanese sostiene nella sua memoria che il fumus consisterebbe nell'aver ricevuto dal Giudice un trattamento più aspro proprio perché parlamentare, un trattamento diverso rispetto a quello applicato agli altri cittadini e riservato alla casta politica.
Il procedimento sarebbe frutto di una rancorosa ricostruzione da parte del Viscione e sarebbe stato usato dalla magistratura per costringerlo a rivelare notizie nell'ambito del procedimento sulla cosiddetta P4.
L'on. Milanese rivendica invece la propria integrità e la propria ritrosia a frequentare persone sottoposte ad indagini, non fosse altro che per l'esperienza maturata quale ufficiale della Guardia di finanza. Ma a contraddire l'on. Milanese è proprio lui stesso, che supporta così i profili di responsabilità e le esigenze cautelari avanzate dal GIP.
Dalle sue dichiarazioni emerge che paga in nero per l'importo di 30.000 euro vari monili, si fa pagare dal Viscione gioielli e piacevoli viaggi e, a distanza di mesi, anzi di anni, non trova il modo di restituire le somme, a suo dire solo anticipate dall'imprenditore.
Stipula un contratto di locazione di un prestigioso immobile di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni per la modica somma di 8.500 euro al mese ma comincia a pagare la locazione solo dopo 2 anni perché i 22 mesi precedenti vengono scomputati per lavori di manutenzione dell'immobile (circa 197.000 euro), eseguiti solo in parte e mai pagati all'impresa. Impresa di fiducia, a suo dire, del Pio Sodalizio ma anche della SOGEI, società controllata dal MEF. Contrastano questi comportamenti con l'alto profilo che di se stesso disegna e quindi confermano il giudizio di poca credibilità che ne dà il GIP. Nella sua ordinanza, il giudice sottolinea invece la sistematicità, la continuità e la molteplicità delle azioni criminose e quindi il rischio della reiterazione; ritiene sussistente il pericolo di inquinamento probatorio in quanto l'indagine non è ancora chiusa e non sono stati ancora identificati gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, che hanno concorso nel reato e sussiste quindi il rischio di pregiudicare l'acquisizione e la genuinità delle fonti di prova, tenuto conto anche dell'opera inquinante già svolta dall'on. Milanese ed evidenziata dalle telefonate con Fracchia.
Non ritenendo sussistente il fumus persecutionis, i componenti del Partito democratico in Giunta per le autorizzazioni hanno votato per l'accoglimento della domanda di autorizzazione ad eseguire la custodia cautelare nei confronti dell'on. Milanese. Una decisione assunta non per ragioni «politiche», ma per il rispetto che dobbiamo al dettato costituzionale e alle norme che regolano le guarantigie parlamentari.

Marilena SAMPERI,
relatore di minoranza

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